RELAZIONI INTERNAZIONALI AUTUNNO 2022 - DIPLOMAZIA PUBBLICA DELLA RUSSIA IN 30 GIORNI DI SPICCO

AGGIORNATO 28 ottobre 2022 – Il ‘discorso russo’, in lingua italiana – verbatim – nostre traduzioni di 30 giorni di diplomazia pubblica che fanno discutere il mondo

A un mese di distanza, aggiorniamo il ‘discorso russo’
con l’intervento di Vladimir Putin al club Valdai (27/10/2022).
Nostra traduzione integrale in italiano + video.
Per elaborare visioni critiche fondate,
questi testi devono essere conosciuti.
Per conoscere la diplomazia pubblica della Russia,
non servono i resoconti dai media arruolati Nato,
ma i testi russi riportati con fedeltà. Eccoli.
In prima posizione, l’ultimo per data.
I video+testi precedenti (date a scendere)
coprono 10 giorni di diplomazia pubblica
del Paese post-sovietico, o nella nuova èra:

– la settimana ONU di Assemblea e Consiglio (20-26 sett.)
– l’indizione dei referendum “di frontiera”(21 sett.)

AGGIORNAMENTO 28 / 10 / 2022 :
Dichiarazione di Wang Wenbin, portavoce del Ministero Affari Esteri Cina:

Link apre in nuova scheda dal sito Min. Esteri Cina (lingua: Inglese)

Ieri, il membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del PCC, consigliere di Stato e ministro degli Esteri Wang Yi ha avuto uno scambio di opinioni con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov sulla crisi ucraina in una conversazione telefonica. La parte russa ha dichiarato di essere disposta a dialogare e a riprendere i negoziati con i Paesi, tra cui l’Ucraina e gli Stati Uniti. La Cina si è rallegrata di ciò e ha espresso la speranza che le parti interessate intensifichino gli sforzi diplomatici e attenuino la situazione il prima possibile, per poi risolvere la crisi attraverso negoziati e altri mezzi politici. Le due parti hanno anche avuto uno scambio di opinioni sulla proibizione dell’uso di armi di distruzione di massa. La Cina ha sottolineato la necessità di evitare ulteriori escalation e di prevenire disastri umanitari.

Fonte – Ministero Esteri Cina, regular press conference, 2022 – 10 – 28 (apre in nuova scheda)

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AGGIORNAMENTO 27 / 10 / 2022:

  • Riunione del Valdai International Discussion Club

27 ottobre 2022, riunione del Valdai International Discussion Club

Il tema del forum di quest’anno è Un mondo post-egemonico: Giustizia e sicurezza per tutti. L’incontro, durato quattro giorni, ha riunito 111 esperti, politici, diplomatici ed economisti provenienti dalla Russia e da 40 Paesi stranieri, tra cui Afghanistan, Brasile, Cina, Egitto, Francia, Germania, India, Indonesia, Iran, Kazakistan, Sudafrica, Turchia, Stati Uniti e Uzbekistan, per citarne alcuni.

VIDEO – Con traduzione simultanea in inglese, da CGTN (apre in nuova scheda)
VIDEO – Con traduzione simultanea in francese, da Afrique Média (apre in nuova scheda)

 

Vladimir Putin:

Signore e signori, amici,

Ho avuto modo di farmi un’idea di ciò che avete discusso qui negli ultimi giorni. È stata una discussione interessante e sostanziale. Spero non vi pentiate di essere venuti in Russia e di aver comunicato tra di voi.

Sono felice di vedervi tutti.

Abbiamo usato la piattaforma del Valdai Club per discutere, più di una volta, dei grandi e gravi cambiamenti che sono già avvenuti e stanno avvenendo nel mondo, dei rischi posti dal degrado delle istituzioni globali, dell’erosione dei principi della sicurezza collettiva e della sostituzione di “regole” al diritto internazionale. Sono stato tentato di dire “abbiamo ben chiaro chi ha elaborato queste regole”, ma forse non sarebbe un’affermazione corretta. Non abbiamo la minima idea di chi abbia elaborato queste regole, o su cosa si basino e cosa contengano.

Sembra che stiamo assistendo a un tentativo di far rispettare una sola regola in base alla quale chi è al potere – stavamo parlando di potere e ora parlo di potere globale – potrebbe vivere senza seguire alcuna regola e farla franca in ogni caso. Queste sono le regole di cui li sentiamo costantemente, come si suol dire, solfeggiare, parlare di continuo.

Le discussioni di Valdai sono importanti perché vi si possono ascoltare diverse valutazioni e previsioni. La vita dimostra sempre quanto fossero accurate, poiché la vita è la maestra più severa e obiettiva. Così, la vita dimostra quanto fossero accurate le proiezioni degli anni scorsi.

Purtroppo gli eventi continuano a seguire un copione negativo, di cui abbiamo discusso più volte durante i nostri incontri precedenti. Inoltre si sono trasformati in una grande crisi di sistema che ha colpito, oltre alla sfera politico-militare, anche le sfere economica e umanitaria.

Il cosiddetto Occidente, che naturalmente è un costrutto teorico perché non è unito e chiaramente è un conglomerato molto complesso, ma dirò comunque che negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi l’Occidente ha compiuto una serie di passi volti a inasprire la situazione. Di fatto, cercano sempre di aggravare le cose, il che non è una novità. Incluso il fomento della guerra in Ucraina, le provocazioni intorno a Taiwan e la destabilizzazione dei mercati alimentari ed energetici globali. Quest’ultima cosa, ovviamente, non è stata fatta di proposito, non c’è dubbio. La destabilizzazione del mercato dell’energia è il risultato di una serie di passi falsi sistemici compiuti dalle autorità dell’Occidente che menzionavo sopra. Come possiamo vedere, la situazione è stata ulteriormente aggravata dalla distruzione dei gasdotti paneuropei. Una cosa dell’altro mondo, di cui tuttavia stiamo testimoniando i tristi sviluppi.

Il potere globale è esattamente la posta nel gioco del cosiddetto Occidente. Ma questo gioco è certamente pericoloso, sanguinoso e, direi, sporco. Nega la sovranità di Paesi e popoli, la loro identità e unicità, e calpesta gli interessi di altri Stati. In ogni caso, anche se negazione non è la parola che usano, è ciò che fanno nella vita reale. Nessuno, tranne coloro che creano le regole che ho citato, ha il diritto di mantenere la propria identità: tutti gli altri devono rispettare queste regole.

A questo proposito, lasciatemi che vi ricordi le proposte della Russia ai nostri partner occidentali per costruire fiducia e un sistema di sicurezza collettiva. Sono state nuovamente respinte nel dicembre 2021.

Tuttavia, nel mondo moderno è difficile che le cose si risolvano in un nulla di fatto. Chi semina il vento raccoglie tempesta, come dice il proverbio. La crisi ha infatti assunto una dimensione globale e ha avuto impatto su tutti. Non ci si può illudere in merito.

L’umanità si trova a un bivio: continuare ad accumulare problemi e alla fine rimanere schiacciati sotto il loro peso, oppure lavorare insieme per trovare soluzioni – anche imperfette, purché funzionino – per rendere il nostro mondo un luogo più stabile e sicuro.

Lo sapete, ho sempre creduto nel potere del buon senso. Per questo sono convinto che prima o poi sia i nuovi centri dell’ordine internazionale multipolare sia l’Ovest dovranno avviare un dialogo alla pari su un futuro comune per tutti, e prima è meglio è, ovviamente. A questo proposito, sottolineerò alcuni degli aspetti più importanti per tutti noi.

Gli sviluppi attuali hanno messo in ombra le questioni ambientali. Per quanto possa sembrare strano, oggi vorrei parlare prima di tutto di questo. Il cambiamento climatico non è più in cima all’agenda. Ma questa sfida fondamentale non è scomparsa, è ancora tra noi — e sta crescendo.

La perdita di biodiversità è una delle conseguenze più pericolose dell’alterazione dell’equilibrio ambientale. Questo mi porta al punto chiave per cui tutti noi siamo qui riuniti. Non è forse altrettanto importante mantenere la diversità culturale, sociale, politica e di civiltà?

Allo stesso tempo, spianare, cancellare tutte le differenze è essenzialmente l’obiettivo dell’Occidente moderno. Cosa c’è dietro? Prima di tutto, il decadimento del potenziale creativo dell’Ovest e la volontà di frenare e bloccare il libero sviluppo di altre civiltà.

C’è anche un interesse apertamente mercantile, certo. Imponendo agli altri i loro valori, le loro abitudini di consumo e la standardizzazione, i nostri avversari – sarò cauto con le parole – cercano di espandere i mercati per i loro prodotti. Lo scopo su questa strada è, in ultima analisi, molto primitivo. È notevole che l’Ovest proclami il valore universale della sua cultura e della sua visione del mondo. Anche se non lo dice apertamente, cosa che in realtà fa spesso, si comporta come se fosse così, un dato di fatto, e la politica che persegue è volta a mostrare che questi valori devono essere accettati senza condizioni da tutti gli altri membri della comunità internazionale.

Vorrei citare il famoso discorso di Alexander Solzhenitsyn tenuto ad Harvard nel 1978. Egli disse che tipica dell’Occidente è “una continua cecità di superiorità” – e la cosa continua ancor oggi – che “sostiene la convinzione che vaste regioni ovunque sul nostro pianeta debbano svilupparsi e maturare al livello degli attuali sistemi occidentali”. Lo diceva nel 1978. Non è cambiato nulla.

Nei quasi 50 anni trascorsi da allora, la cecità di cui parlava Solzhenitsyn, apertamente razzista e neocoloniale, ha acquisito forme particolarmente distorte, in particolare dopo l’emergere del cosiddetto mondo unipolare. A cosa mi riferisco? Credere nella propria infallibilità è molto pericoloso; è solo un passo dal desiderio del presunto infallibile di distruggere chi non gli piace, o come si dice, di cancellarlo. Pensate al significato di questa parola.

Anche al culmine della Guerra Fredda, al culmine del confronto tra i due sistemi, ideologie e rivalità militari, a nessuno è venuto in mente di negare l’esistenza stessa della cultura, dell’arte e della scienza di altri popoli, i loro avversari. Non passò per la mente di nessuno. Certo, vennero imposte alcune restrizioni ai contatti nel campo dell’istruzione, scienza, cultura e, purtroppo, degli sport. Ma comunque, sia i leader sovietici che quelli americani capirono che era necessario trattare l’area umanitaria con tatto, studiando e rispettando il proprio rivale, e a volte persino prendendo in prestito da esso, per mantenere una base di relazioni solide e produttive almeno per il futuro.

Cosa sta succedendo ora? Un tempo i nazisti arrivarono a bruciare i libri, ora i “guardiani del liberalismo e del progresso” occidentali sono arrivati al punto di mettere al bando Dostoevsky e Chaikovsky. La cosiddetta “cancel culture” e in realtà – come abbiamo detto più volte – la vera cancellazione della cultura è estirpare quanto è vivo e creativo e nel soffocare il libero pensiero in tutti i settori, che si tratti di economia, politica o cultura.

Oggi la stessa ideologia liberale è cambiata in modo irriconoscibile. Se inizialmente il liberalismo classico era inteso come libertà di ogni persona di fare e dire ciò che voleva, nel XX secolo i liberali hanno iniziato a dire che la cosiddetta società aperta aveva dei nemici e che la libertà di questi nemici poteva e doveva essere limitata, se non annullata. Si è raggiunto il punto assurdo dove ogni opinione alternativa è dichiarata propaganda sovversiva e minaccia alla democrazia.

Qualsiasi cosa provenga dalla Russia viene bollata come “intrighi del Cremlino”. Ma guardate voi stessi. Siamo davvero così onnipotenti? Qualsiasi critica ai nostri avversari – qualsiasi – viene percepita come “intrighi del Cremlino”, “la mano del Cremlino”. È una follia. A che punto siete sprofondati? Usate il cervello, almeno, dite qualcosa di più interessante, esponete il vostro punto di vista concettualmente. Non si può dare la colpa di tutto ai complotti del Cremlino.

Fëdor Dostoevskij aveva profeticamente previsto tutto questo già nel XIX secolo. Uno dei personaggi del suo romanzo Demoni, il nichilista Shigalev, descriveva il futuro luminoso che immaginava nel modo seguente: “Emergendo da una libertà senza limiti, concludo con un dispotismo senza limiti”. Questo è ciò cui sono arrivati i nostri avversari occidentali. Un altro personaggio del romanzo, Pëtr Verkhovenskij, gli fa eco, parlando della necessità del tradimento universale, della denuncia e dello spionaggio, e sostenendo che la società non ha bisogno di talenti o di maggiori capacità: “A Cicerone si taglia la lingua, a Copernico si cavano gli occhi e Shakespeare viene lapidato”. Questo è ciò a cui stanno arrivando i nostri oppositori occidentali. Cos’è questa se non Western cancel culture?

Questi erano grandi pensatori e, francamente, sono grato ai miei assistenti per aver trovato queste citazioni.

Cosa si può dire di tutto questo? La storia metterà certamente ogni cosa al suo posto e saprà chi cancellare, e non saranno certo le più grandi opere dei geni universalmente riconosciuti della cultura mondiale, ma coloro che per qualche motivo hanno deciso che avevano il diritto di usare la cultura mondiale a proprio comodo. La loro autostima non conosce davvero limiti. Tra qualche anno nessuno ricorderà più i loro nomi. Ma Dostoevsky vivrà, così come Chaikovsky, Pushkin, per quanto avrebbero voluto il contrario.

La standardizzazione, il monopolio finanziario e tecnologico, la cancellazione di tutte le differenze è quanto sta alla base del modello occidentale di globalizzazione, che è di natura neocoloniale. Il loro obiettivo era chiaro: stabilire il dominio incondizionato dell’Ovest nell’economia e nella politica globale. Per farlo, l’Ovest ha messo a servizio le risorse naturali e finanziarie dell’intero pianeta, nonché tutte le capacità intellettuali, umane ed economiche, sostenendo che si tratta di una caratteristica naturale della cosiddetta nuova interdipendenza globale.

Vorrei ricordare un altro filosofo russo, Alexander Zinoviev, di cui il 29 ottobre celebreremo il centenario della nascita. Più di vent’anni fa, egli disse che la civiltà occidentale aveva bisogno dell’intero pianeta come mezzo di esistenza, e di tutte le risorse dell’umanità per sopravvivere al livello che aveva raggiunto. Questo è ciò che vogliono, è esattamente così.

E ancora di più, l’Ovest inizialmente si era assicurato un enorme vantaggio in quel sistema perché ne aveva sviluppato i principi e i meccanismi – lo stesso delle odierne regole di cui continuano a parlare, che rimangono un buco nero incomprensibile perché nessuno sa davvero cosa siano. Ma non appena i Paesi non occidentali hanno cominciato a trarre qualche beneficio dalla globalizzazione, soprattutto le grandi nazioni asiatiche, l’Occidente ha immediatamente cambiato o abolito del tutto molte di quelle regole. E i cosiddetti sacri principi del libero commercio, dell’apertura economica, della concorrenza paritaria, persino dei diritti di proprietà sono stati improvvisamente dimenticati, completamente. Cambiano le regole in corsa, sul posto, ovunque vedano un’opportunità per se stessi.

Ecco un altro esempio di sostituzione di concetti e significati. Per molti anni gli ideologi e i politici occidentali hanno detto al mondo che non c’erano alternative alla democrazia. In verità intendevano lo stile occidentale, il cosiddetto modello liberale di democrazia. Con arroganza rifiutavano tutte le altre varianti e forme di governo del popolo e, voglio sottolinearlo, lo hanno fatto con disprezzo e sdegno. Questo modo di fare aveva preso forma sin dall’epoca coloniale, come se tutti fossero di seconda scelta, mentre loro erano eccezionali. Questo va avanti da secoli e continua ancora oggi.

Attualmente una stragrande maggioranza della comunità internazionale chiede democrazia negli affari internazionali e rifiuta ogni forma di autoritario diktat da parte di singoli Paesi o gruppi di Paesi. Che cos’è questo se non l’applicazione diretta di principi democratici alle relazioni internazionali?

Quale posizione ha assunto l’Ovest “civilizzato”? Se siete democratici, dovreste accogliere il naturale desiderio di libertà espresso da miliardi di persone, ma no. L’Ovest definisce questo [desiderio] minare l’ordine liberale basato sulle regole. Ricorre a guerre economiche e commerciali, sanzioni, boicottaggi e rivoluzioni colorate, e prepara e attua ogni sorta di colpo di Stato.

Uno di questi [colpi di Stato] ha portato a conseguenze tragiche in Ucraina nel 2014. L’hanno sostenuto e hanno persino specificato la quantità di denaro che avevano speso per questo colpo di Stato. Hanno la faccia tosta di agire come vogliono e non si fanno scrupoli su nulla. Hanno ucciso Soleimani, un generale iraniano. Si può pensare quel che si vuole di Soleimani, ma era un funzionario di uno Stato estero. Lo hanno ucciso in un Paese terzo e se ne sono assunti la responsabilità. Cosa dovrebbe significare, per l’amor del cielo? In che razza di mondo viviamo?

Come di consueto, Washington continua a definire l’attuale ordine internazionale come liberale all’americana, ma in realtà questo famigerato “ordine” sta moltiplicando il caos ogni giorno e, aggiungerei, sta diventando sempre più intollerante anche nei confronti dei Paesi dell’Ovest e dei loro tentativi di agire in modo indipendente. Tutto è stroncato sul nascere e non esitano a imporre sanzioni ai loro stessi alleati, che abbassano la testa in acquiescenza.

Per esempio, le proposte del deputato ungherese July, di codificare nel Trattato dell’Unione Europea l’impegno verso i valori cristiani europei e la relativa cultura, sono state prese non come un affronto, ma come un atto ostile di sabotaggio. Cos’è questo? Cosa significa? Certo, a qualcuno può piacere ad altri no.

Nel corso di mille anni, la Russia ha sviluppato una cultura unica di interazione fra tutte le religioni del mondo. Non c’è bisogno di cancellare nulla, che si tratti di valori cristiani, islamici o ebraici. Abbiamo anche altre religioni mondiali. Tutto ciò che bisogna fare è rispettarsi l’un l’altro. In alcune delle nostre regioni – lo so per esperienza diretta – le persone celebrano insieme le festività cristiane, islamiche, buddiste ed ebraiche, e lo fanno con piacere, congratulandosi e rallegrandosi a vicenda.

Ma qui no. Perché no?

Almeno, potrebbero discuterne. Incredibile.Senza esagerare, non si tratta nemmeno di una crisi sistemica, ma dottrinale – del modello di ordine internazionale neoliberale di stampo americano. Non hanno idee per il progresso e lo sviluppo positivo. Semplicemente non hanno nulla da offrire al mondo, se non perpetuare il loro dominio.

Sono convinto che vera democrazia in un mondo multipolare è innanzitutto la capacità di ogni nazione – lo sottolineo – di ogni società o civiltà, di seguire la propria strada e organizzare il proprio sistema socio-politico. Se gli Stati Uniti o i Paesi dell’Unione Europea godono di questo diritto, allora i Paesi dell’Asia, gli Stati islamici, le monarchie del Golfo Persico e i Paesi di altri continenti ne hanno certamente diritto anch’essi. Naturalmente il nostro Paese, la Russia, ha anche questo diritto, e nessuno potrà mai dire al nostro popolo che sorta di società dovremmo costruire e quali principi dovrebbero esserne alla base.

Una minaccia diretta al monopolio politico, economico e ideologico dell’Occidente risiede nel fatto che il mondo può proporre modelli sociali alternativi più efficaci; voglio sottolinearlo, più efficaci oggi, più brillanti e più attraenti di quelli che ora esistono. Questi modelli nasceranno sicuramente. È inevitabile. A proposito, anche i politologi e gli analisti statunitensi ne scrivono. In verità il loro governo non li ascolta, a quanto dicono, anche se non può evitare di vedere questi concetti nelle riviste di scienze politiche e di menzionarli nei dibattiti.

Lo sviluppo dovrebbe basarsi su un dialogo tra civiltà e valori spirituali e morali. Nei fatti, la comprensione di cosa siano  gli umani e la loro natura distintiva varia da una civiltà all’altra, ma questa differenza è spesso superficiale e ognuno riconosce la sostanziale dignità  e l’essenza spirituale delle persone. Una base comune su cui possiamo e dobbiamo costruire il nostro futuro è di cruciale importanza.

Vorrei sottolineare un aspetto. I valori tradizionali non sono un insieme rigido di postulati a cui ognuno debba aderire, ovviamente no. La differenza rispetto ai cosiddetti valori neoliberali è che quelli sono peculiari in ogni caso particolare, perché sorgono dalle tradizioni di una determinata società, dalla sua cultura e dal suo retroterra storico. Per questo motivo i valori tradizionali non possono essere imposti a nessuno. Vanno semplicemente rispettati e tutto ciò che ogni nazione ha scelto per sé nel corso dei secoli deve essere gestito con cautela.

È così che intendiamo i valori tradizionali e la maggior parte dell’umanità condivide e accetta il nostro approccio. Questo è comprensibile, perché le società tradizionali dell’Oriente, dell’America Latina, dell’Africa e dell’Eurasia costituiscono la base della civiltà mondiale.

Il rispetto dei modi e dei costumi dei popoli e delle civiltà è nell’interesse di ognuno. In realtà, questo è anche nell’interesse dell'”Occidente”, che sta rapidamente diventando una minoranza nell’arena internazionale, mentre perde il suo predominio. Certo, il diritto della minoranza occidentale alla propria identità culturale – voglio sottolinearlo – deve essere garantito e rispettato, ma, soprattutto, su un piano di parità con i diritti di ogni altra nazione.

Se le élite occidentali credono di poter far abbracciare ai loro popoli e alle loro società quelle che ritengo idee strane e di moda come le decine di generi o le parate dell’orgoglio gay, così sia. Che facciano come vogliono. Ma di certo non hanno il diritto di dire agli altri di seguire i loro passi.

Vediamo i complicati processi demografici, politici e sociali in atto nei Paesi occidentali. Si tratta, ovviamente, di affari loro. La Russia non interferisce in queste questioni e non ha intenzione di farlo. A differenza dell’Ovest, noi ci facciamo gli affari nostri. Ma speriamo che il pragmatismo trionfi e che il dialogo della Russia con l’Occidente autentico e tradizionale, così come con altri centri di sviluppo coeguale, diventi un contributo importante alla costruzione di un ordine mondiale multipolare.

Aggiungerò che il multipolarismo è una possibilità reale e, di fatto, l’unica per l’Europa di recuperare la propria identità politica ed economica. A dire il vero – e questa idea è espressa esplicitamente in Europa oggi – la forza legale dell’Europa è molto limitata. Ho cercato di dirlo in modo delicato per non offendere nessuno.

Il mondo è vario per natura e i tentativi occidentali di comprimere tutti nello stesso schema sono chiaramente destinati a fallire. Non ne uscirà nulla.

La presuntuosa aspirazione a raggiungere la supremazia globale e, essenzialmente, a imporre o preservare la leadership attraverso il diktat, sta davvero riducendo il prestigio internazionale dei leader del mondo occidentale, compresi gli Stati Uniti, e aumentando la sfiducia nella loro capacità di negoziare in generale. Dicono una cosa oggi e un’altra domani; firmano documenti e li rinnegano, fanno quello che vogliono. Non c’è stabilità in nulla. Come vengono firmati i documenti, di cosa si è discusso, cosa si può sperare: tutto questo è completamente nebuloso.

Prima solo pochi Paesi osavano controbattere l’America e la cosa appariva quasi sensazionale, mentre ora è diventata routine per Stati di ogni sorta respingere le richieste infondate di Washington, nonostante i suoi continui tentativi di esercitare pressioni su ognuno. È una politica sbagliata che non porta da nessuna parte. Ma lasciateli fare, anche questa è una loro scelta.

Sono convinto che le nazioni del mondo non chiuderanno gli occhi di fronte a una politica di coercizione che si è screditata da sola. Ogni volta l’Ovest dovrà pagare un prezzo più alto per i suoi tentativi di preservare la propria egemonia. Se fossi un’élite occidentale, rifletterei seriamente su questa prospettiva. Come ho detto, alcuni scienziati politici e politici negli Stati Uniti ci stanno già pensando.

Nelle attuali condizioni di intenso conflitto, sarò diretto su alcune cose. In quanto civiltà indipendente e peculiare, la Russia non si è mai considerata e non si considera un nemico dell’Occidente. L’americofobia, l’anglofobia, la francofobia e la germanofobia sono le stesse forme di razzismo della russofobia o dell’antisemitismo e, per inciso, della xenofobia in tutte le sue forme.

È semplicemente necessario capire chiaramente che, come ho già detto prima, esistono due Occidenti – almeno due e forse più, ma almeno due – l’Occidente dei valori tradizionali, principalmente cristiani, della libertà, del patriottismo, della grande cultura e ora anche dei valori islamici – una parte sostanziale della popolazione in molti Paesi occidentali segue l’Islam. Questo Occidente ci è vicino in qualcosa. Condividiamo con esso radici comuni, persino antiche. Ma c’è anche un Occidente diverso, aggressivo, cosmopolita e neocoloniale. Agisce come strumento delle élite neoliberali. Naturalmente, la Russia non si riconcilierà mai con i dettami di questo Occidente.

Nel 2000, dopo la mia elezione a Presidente, ricorderò sempre ciò che ho affrontato. Ricorderò il prezzo che abbiamo pagato per distruggere il covo del terrorismo nel Caucaso settentrionale, che all’epoca l’Occidente sosteneva quasi apertamente. Siamo tutti adulti qui; la maggior parte di voi presenti in questa sala capisce di cosa sto parlando. Sappiamo che questo è esattamente ciò che accadde in pratica: sostegno finanziario, politico e informativo. Lo abbiamo vissuto tutti.

Inoltre, non solo l’Ovest ha sostenuto attivamente i terroristi in territorio russo, ma in molti modi ha alimentato questa minaccia. Lo sappiamo. Tuttavia, dopo che la situazione si stabilizzò, quando le principali bande terroristiche furono sconfitte anche grazie al coraggio del popolo ceceno, decidemmo di non tornare indietro, di non fare gli offesi, ma di andare avanti, di costruire relazioni anche con coloro che agirono contro di noi e di stabilire e sviluppare relazioni con tutti coloro che le volevano, basate sul mutuo vantaggio e sul rispetto reciproco.

Pensavamo che fosse nell’interesse di tutti. La Russia, grazie a Dio, era sopravvissuta a tutte le difficoltà di quel periodo, era rimasta salda, si era rafforzata, era in grado di affrontare il terrorismo interno ed esterno, la sua economia era stata preservata, aveva iniziato a svilupparsi e la sua capacità di difesa migliorava. Cercammo di costruire relazioni con i principali Paesi occidentali e con la NATO. Il messaggio era lo stesso: smettiamo di essere nemici, viviamo insieme come amici, dialoghiamo, costruiamo la fiducia e quindi la pace. Eravamo assolutamente sinceri, voglio sottolinearlo. Abbiamo compreso chiaramente la complessità di questo riavvicinamento, ma lo accettammo.

Cosa ricevemmo in risposta? In breve, un “no” in tutte le principali aree di possibile cooperazione. Ricevemmo una pressione sempre maggiore su di noi e focolai di tensione vicino ai nostri confini. E quale, chiedo, era lo scopo di questa pressione? Quale? Era solo per fare pratica? Certo che no. L’obiettivo era quello di rendere la Russia più vulnerabile. Lo scopo è trasformare la Russia in uno strumento per raggiungere i propri obiettivi geopolitici.

In effetti, questa è una regola universale: si cerca di trasformare tutti in uno strumento, al fine di utilizzare questi strumenti per i propri scopi. E coloro che non cedono a questa pressione, che non vogliono essere questo genere di strumento, vengono sanzionati: contro di loro e nei loro confronti vengono attuate restrizioni economiche di ogni tipo, si preparano o, se possibile, si attuano colpi di stato e così via. E alla fine, se non si può fare nulla, l’obiettivo è lo stesso: distruggerli, cancellarli dalla mappa politica. Ma non è stato e non sarà mai possibile disegnare e attuare un simile scenario nei confronti della Russia.

Che altro posso aggiungere? La Russia non sta sfidando le élite dell’Ovest. La Russia sta semplicemente sostenendo il suo diritto di esistere e di svilupparsi liberamente. Importante: non diventeremo noi stessi un nuovo egemone. La Russia non sta suggerendo di sostituire un mondo unipolare con uno bipolare, tripolare o con un altro ordine dominante, né di sostituire la dominazione occidentale con quella orientale, settentrionale o meridionale. Questo porterebbe inevitabilmente a un altro vicolo cieco.

A questo punto, vorrei citare le parole del grande filosofo russo Nikolai Danilevsky. Egli riteneva che il progresso non consistesse nell’andare tutti nella stessa direzione, come sembrano volere alcuni dei nostri avversari. Questo, per Danilevsky, arresterebbe il progresso. Il progresso consiste nel “percorrere il campo che rappresenta l’attività storica dell’umanità, camminando in tutte le direzioni”, ha detto, aggiungendo che nessuna civiltà può menar vanto di essere l’apice dello sviluppo.

Sono convinto che la dittatura possa essere contrastata solo attraverso il libero sviluppo dei Paesi e dei popoli; come il degrado dell’individuo – gusto dell’arbitrio, della semplificazione primitiva e della proibizione – possa essere superato dalla fiorente complessità della cultura e della tradizione.

Il senso del momento storico odierno sta proprio nel fatto che tutte le civiltà, gli Stati e le loro associazioni di integrazione aprano davvero opportunità per un proprio, democratico, originale percorso di sviluppo. E soprattutto, crediamo che il nuovo ordine mondiale debba basarsi sul diritto, ed essere libero, originale ed equo.

Anche l’economia e il commercio mondiale devono diventare più equi e aperti. La Russia ritiene inevitabile la creazione di nuove piattaforme finanziarie internazionali che comprendano le transazioni internazionali. Queste piattaforme dovrebbero essere al di sopra delle giurisdizioni nazionali. Dovrebbero essere sicure, depoliticizzate e automatizzate e non dovrebbero dipendere da un singolo centro di controllo. È possibile farlo o no? Certamente è possibile. Richiederà un grande sforzo. Molti Paesi dovranno unire i loro sforzi, ma è possibile.

Questo esclude la possibilità di abusi in una nuova infrastruttura finanziaria globale. Sarebbe possibile condurre transazioni internazionali efficaci, vantaggiose e sicure senza il dollaro o una delle cosiddette valute di riserva. Questo è ancora più importante, ora che il dollaro viene usato come un’arma; gli Stati Uniti, e l’Occidente in generale, hanno screditato l’istituzione delle riserve finanziarie internazionali. Prima lo hanno svalutato con l’inflazione nelle zone del dollaro e dell’euro e poi si sono presi le nostre riserve in oro e valuta.

Il passaggio alle transazioni in valute nazionali prenderà rapidamente slancio. È inevitabile. Certo, dipende dallo status degli emittenti di queste valute e dallo stato delle loro economie, ma esse si rafforzeranno e queste transazioni sono destinate a prevalere gradualmente sulle altre. Questa è la logica di una politica economica e finanziaria sovrana in un mondo multipolare.

Inoltre, i nuovi centri di sviluppo globale stanno già utilizzando tecnologie e ricerche ineguagliabili in vari campi e possono competere con successo con le imprese transnazionali occidentali in molti settori.

È chiaro che abbiamo un interesse comune e molto pragmatico nello scambio scientifico e tecnologico libero e aperto. Uniti, possiamo vincere di più che se agissimo separatamente. La maggioranza dovrebbe beneficiare di questi scambi, non le singole società super-ricche.

Come stanno andando le cose oggi? Se l’Ovest vende farmaci o sementi ad altri Paesi, dice loro di uccidere le loro industrie farmaceutiche nazionali e le loro selezioni. In realtà, tutto si riduce a questo: le sue forniture di macchine utensili e attrezzature distruggono l’industria ingegneristica locale. Me ne sono reso conto quando sono stato Primo Ministro. Una volta aperto il mercato a un certo gruppo di prodotti, il produttore locale va immediatamente in crisi ed è quasi impossibile per lui rialzare la testa. È così che costruiscono relazioni. È così che si impadroniscono di mercati e risorse e i Paesi perdono il loro potenziale tecnologico e scientifico. Questo non è progresso, è riduzione in schiavitù e declino delle economie a livelli primitivi.

Lo sviluppo tecnologico non dovrebbe aumentare la disuguaglianza globale, ma piuttosto ridurla. Questo è il modo in cui la Russia ha tradizionalmente attuato la sua politica tecnologica estera. Ad esempio, quando costruiamo centrali nucleari in altri Paesi, creiamo centri di competenza e formiamo il personale locale. Creiamo un’industria. Non costruiamo solo un impianto, ma un’intera industria. Di fatto, diamo agli altri Paesi la possibilità di aprire nuove strade nello sviluppo scientifico e tecnologico, di ridurre le disuguaglianze e di portare il loro settore energetico a nuovi livelli di efficienza e di rispetto dell’ambiente.

Vorrei sottolineare ancora una volta che la sovranità e un percorso di sviluppo unico non significano affatto isolamento o autarchia. Al contrario, si tratta di una cooperazione energica e reciprocamente vantaggiosa, basata sui principi di equità e uguaglianza.

Se la globalizzazione liberale è spersonalizzazione – imporre il modello occidentale al mondo intero – l’integrazione è, al contrario, sfruttare il potenziale di ogni civiltà per il beneficio di tutti. Se il globalismo è un diktat-  questo è ciò cui alla fine si riduce – l’integrazione è un lavoro di squadra per sviluppare strategie comuni di cui tutti possano beneficiare.

A questo proposito, la Russia ritiene importante avviare più attivamente meccanismi di creazione di grandi spazi basati sull’interazione tra Paesi vicini, le cui economie, sistemi sociali, basi di risorse e infrastrutture, si completino a vicenda. Questi grandi spazi costituiscono infatti la base economica di un ordine mondiale multipolare. Dal loro dialogo nasce un’autentica unità dell’umanità, che è molto più complessa, originale e multidimensionale delle idee semplicistiche professate da ideologi occidentali.

L’unità dell’umanità non è costruita sul comando “fate come me”, “siate come noi”. Si forma tenendo conto e basandosi delle opinioni di tutti, con un atteggiamento attento all’identità di ogni società e popolo. È su questo principio che può svilupparsi una cooperazione a lungo termine in un mondo multipolare.

A questo proposito, può valere la pena considerare che la struttura delle Nazioni Unite, compreso il suo Consiglio di sicurezza, dovrebbe riflettere in misura maggiore la diversità delle regioni del mondo. Dopotutto, il mondo di domani dipenderà molto di più dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina di quanto comunemente si creda oggi, e un tale aumento della loro influenza è certamente positivo.

Lasciate che vi ricordi che la civiltà occidentale non è l’unica anche nel nostro comune spazio eurasiatico. Inoltre, la maggior parte della popolazione è concentrata proprio nell’est dell’Eurasia, dove sorsero i centri delle più antiche civiltà dell’umanità.

Il valore e il significato dell’Eurasia è che questo continente è un complesso autosufficiente con risorse gigantesche di ogni tipo ed enormi opportunità. E più ci adoperiamo per aumentare la connettività dell’Eurasia, per creare nuovi modi e forme di cooperazione, maggiore è il successo che otterremo.

Le attività di successo dell’Unione Economica Eurasiatica, la rapida crescita dell’autorità e dell’influenza dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, iniziative su larga scala nel quadro di “One Belt, One Road”, i piani di cooperazione multilaterale sull’attuazione del Corridoio di trasporto Nord-Sud e molti altri progetti in questa parte del mondo, assicurano che questo è l’inizio di una nuova era, una nuova fase nello sviluppo dell’Eurasia. I progetti di integrazione qui non si contraddicono, ma si completano a vicenda, ovviamente, se sono portati avanti dai paesi vicini nel proprio interesse e non sono introdotti da forze esterne per dividere lo spazio eurasiatico, trasformandolo in una zona di confronto tra blocchi.

Una parte naturale della Grande Eurasia potrebbe anche essere la sua punta occidentale: l’Europa. Ma molti dei suoi leader sono ostacolati dalla convinzione che gli europei siano migliori degli altri, che non spetti loro partecipare a qualsiasi impresa su un piano di parità con gli altri. Dietro tale arroganza, non si accorgono nemmeno di essere diventati periferici, di essere vassalli che non hanno nemmeno il diritto di voto.

Cari colleghi!

Il crollo dell’Unione Sovietica ha distrutto anche l’equilibrio delle forze geopolitiche. L’Occidente si è sentito vincitore e ha proclamato un ordine mondiale unipolare, in cui solo la sua volontà, la sua cultura e i suoi interessi avevano il diritto di esistere.

Ora questo periodo storico di dominio incontrastato dell’Occidente negli affari mondiali sta volgendo al termine, il mondo unipolare sta diventando un ricordo del passato. Ci troviamo in un momento storico: abbiamo davanti probabilmente il decennio più pericoloso, imprevedibile e allo stesso tempo importante dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’Occidente non è in grado di gestire da solo l’umanità, ma sta disperatamente cercando di farlo, mentre la maggior parte dei popoli del mondo non vuole più sopportarlo. Questa è la principale contraddizione della nuova era. Per usare le parole di un classico, la situazione è in una certa misura rivoluzionaria: le classi superiori non possono andare avanti così, e le classi inferiori non vogliono più vivere così.

Questo stato di cose è gravido di conflitti globali o di un’intera catena di conflitti, che è una minaccia per l’umanità, compreso lo stesso Ovest. Risolvere in modo positivo e costruttivo questa contraddizione: questo è il principale compito storico di oggi.

Cambiare le pietre miliari è un processo doloroso, ma naturale e inevitabile. Il futuro ordine mondiale si sta formando davanti ai nostri occhi. E in questo ordine mondiale, dobbiamo ascoltare tutti, tenere conto di ogni punto di vista, di ogni popolo, società, cultura, ogni sistema di visioni del mondo, idee e credenze religiose, senza imporre una sola verità a nessuno, e solo su questa base, comprendendo la nostra responsabilità per il destino – il destino dei popoli, del pianeta, per costruire una sinfonia della civiltà umana.

Su questo vorrei concludere con parole di gratitudine per la pazienza che avete dimostrato nell’ascoltare il mio messaggio.

Grazie mille.

[fine testo]

Traduzione e grassetti a cura di Trancemedia.eu

Fonte: http://kremlin.ru/events/president/news/69695

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  • Firma dei trattati sull’ammissione alla Russia delle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporozhye e Kherson

Il video, dopo le censure di youtube ad Afrique Média, il 4 ottobre, è quello con i prevedibili commenti (in francese) di Le Figaro, ma anche con segmenti in voce originale più ampi di altre emittenti.
A seguire, la traduzione testuale integrale curata dalla redazione di Trancemedia.eu (corsivi e grassetti sono nostri per una prima lettura rapida)

Diretta dal canale youtube Figaro Live (Le Figaro), 20 settembre 2020 – commenti in francese e parti in originale russo.

 

(Dal sito della Presidenza russa, testo del discorso integrale)

Firma dei trattati sull’ammissione alla Russia delle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporozhye e Kherson

La cerimonia di firma dei trattati sull’ammissione alla Russia della Repubblica Popolare di Donetsk, della Repubblica Popolare di Lugansk, della Regione di Zaporozhye e della Regione di Kherson e sulla costituzione di nuovi soggetti della Federazione Russa, si è tenuta il 30 settembre nella Sala di San Giorgio del Cremlino.

30 settembre 2022

16:00

Mosca, Cremlino

Vladimir Putin: Cari cittadini della Russia, cittadini delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, abitanti delle regioni di Zaporozhye e Kherson, deputati della Duma di Stato, senatori della Federazione Russa!

I referendum si sono svolti nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, nelle regioni di Zaporozhye e Kherson. I loro risultati sono stati riassunti, i risultati sono noti. La gente ha fatto la sua scelta, una scelta inequivocabile.

Oggi firmiamo i trattati di ammissione alla Russia della Repubblica Popolare di Donetsk, della Repubblica Popolare di Luhansk, della regione di Zaporozhye e della regione di Kherson. Sono sicuro che l’Assemblea federale sosterrà le leggi costituzionali sull’ammissione e la formazione di quattro nuove regioni, quattro nuove entità costitutive della Federazione Russa, perché questa è la volontà di milioni di persone.

(Applausi).

E questo è un loro diritto, ovviamente, un diritto inalienabile sancito dall’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, che parla direttamente del principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli.

Ripeto: è un diritto inalienabile del popolo, si basa sull’unità storica, in nome della quale hanno vinto le generazioni dei nostri antenati, coloro che dalle origini dell’Antica Russia nei secoli hanno costruito e difeso la Russia. Qui, in Novorossia, Rumyantsev, Suvorov e Ushakov combatterono, Caterina II e Potemkin fondarono nuove città. I nostri nonni e bisnonni hanno combattuto qui fino alla morte durante la Grande Guerra Patriottica.

Ricorderemo sempre gli eroi della “primavera russa”, coloro che non hanno sopportato il colpo di Stato neonazista in Ucraina nel 2014, tutti coloro che sono morti per il diritto di parlare la propria lingua madre, per preservare la propria cultura, le proprie tradizioni e la propria fede e per il diritto di vivere. Sono i guerrieri del Donbas, i martiri del “Khatyn di Odessa” e le vittime dei disumani attacchi terroristici del regime di Kiev. Sono volontari e milizie, sono civili, bambini, donne, anziani, russi, ucraini, persone delle più diverse nazionalità. Questo è il vero leader del popolo di Donetsk Alexander Zakharchenko, questi sono i comandanti Arsen Pavlov e Vladimir Zhoga, Olga Kochura e Alexey Mozgovoy, questo è il procuratore della Repubblica di Luhansk Sergey Gorenko. Questo è il paracadutista Nurmagomed Hajimagomedov e tutti i nostri soldati e ufficiali che sono morti da coraggiosi durante un’operazione militare speciale. Sono eroi. Eroi della grande Russia. E vi preghiamo di osservare un minuto di silenzio in loro memoria.

(Minuto di silenzio).

Grazie.

Dietro la scelta di milioni di persone nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, nelle regioni di Zaporozhye e Kherson c’è il nostro destino comune e una storia millenaria. Le persone hanno trasmesso questo legame spirituale ai loro figli e nipoti. Nonostante tutte le prove, hanno portato avanti il loro amore per la Russia nel corso degli anni. E nessuno può distruggere questo sentimento in noi. Ecco perché le generazioni più anziane, quelle nate dopo la tragedia del crollo dell’Unione Sovietica, hanno votato per la nostra unità, per il nostro futuro comune.

Nel 1991, nella Belovezhskaya Pushcha, senza chiedere la volontà dei cittadini comuni, i rappresentanti delle élite di partito di allora hanno preso una decisione sulla disintegrazione dell’URSS, e la gente si è trovata tagliata fuori dalla Madrepatria da un giorno all’altro. Questo ha lacerato e spaccato la nostra unità nazionale e si è trasformato in una catastrofe nazionale. Proprio come una volta, dopo la rivoluzione, i confini delle repubbliche sovietiche furono tagliati dietro le spalle, gli ultimi leader dell’Unione Sovietica hanno fatto a pezzi il nostro grande Paese nonostante la volontà diretta della maggioranza nel referendum del 1991, semplicemente mettendo i popoli di fronte al fatto compiuto.

Ammetto che non si rendevano nemmeno pienamente conto di ciò che stavano facendo e delle conseguenze ultime. Ma questo non ha più importanza. L’Unione Sovietica non c’è più, il passato non può essere recuperato. E la Russia di oggi non ne ha bisogno, non aspiriamo ad esso. Ma non c’è nulla di più forte della determinazione di milioni di persone che per cultura, fede, tradizioni e lingua si considerano parte della Russia, i cui antenati per secoli hanno vissuto in un unico Stato. Non c’è nulla di più forte della determinazione di queste persone a tornare nella loro vera patria storica.

Per otto lunghi anni, la popolazione del Donbas è stata sottoposta a genocidio, bombardamenti e blocchi, mentre a Kherson e Zaporizhzhia si è cercato in modo criminale di inculcare l’odio verso la Russia, verso tutto ciò che è russo. Ora, durante i referendum, il regime di Kiev minacciava di rappresaglie gli insegnanti e le donne che lavoravano nelle commissioni elettorali, intimidendo milioni di persone che erano venute a esprimere la loro volontà. Ma il popolo indomito di Donbas, Zaporozhye e Kherson ha parlato.

Spero che le autorità di Kiev e i loro veri padroni in Occidente mi ascoltino e voglio che tutti ricordino questo: le persone che vivono a Luhansk e Donetsk, Kherson e Zaporozhye diventano nostri cittadini per sempre. (Applausi).

Chiediamo al regime di Kiev di cessare immediatamente il fuoco, tutte le ostilità, la guerra che ha scatenato nel 2014 e di tornare al tavolo delle trattative. Siamo pronti per questo, è stato detto molte volte. Ma la scelta del popolo di Donetsk, Luhansk, Zaporozhye e Kherson non sarà discussa, è stata fatta e la Russia non la tradirà. (Applausi) E le autorità di oggi a Kiev devono trattare questa libera espressione della volontà popolare con rispetto, e in nessun altro modo. Solo questo può essere il cammino verso la pace.

Difenderemo la nostra terra con tutte le forze e i mezzi a nostra disposizione e faremo di tutto per garantire una vita sicura al nostro popolo. Questa è la grande missione di liberazione del nostro popolo.

Ricostruiremo sicuramente città e paesi distrutti, alloggi, scuole, ospedali, teatri e musei, ripristineremo e svilupperemo le imprese industriali, fabbriche, infrastrutture, sicurezza sociale e pensioni, assistenza sanitaria e istruzione.

Naturalmente, lavoreremo per migliorare la sicurezza. Insieme faremo in modo che i cittadini delle nuove regioni sentano il sostegno di tutto il popolo russo, di tutto il Paese, di tutte le repubbliche, di tutti i distretti e le regioni della nostra vasta Madrepatria. (Applausi).

Cari amici, colleghi!

Oggi vorrei rivolgermi ai soldati e agli ufficiali che partecipano all’operazione militare speciale, ai soldati del Donbas e della Novorossia, a coloro che dopo il decreto di mobilitazione parziale si uniscono alle Forze armate, adempiendo al loro dovere patriottico, e che si recano essi stessi agli uffici di registrazione e di arruolamento militare per un richiamo del cuore. Vorrei rivolgermi ai loro genitori, alle loro mogli e ai loro figli e dire per cosa sta combattendo il nostro popolo, contro quale nemico ci stiamo battendo, che sta gettando il mondo in nuove guerre e crisi, traendo il suo sanguinoso profitto da questa tragedia.

I nostri compatrioti, i nostri fratelli e sorelle in Ucraina – una parte nativa della nostra nazione unita – hanno visto con i loro occhi ciò che i circoli dirigenti del cosiddetto Occidente stanno preparando per tutta l’umanità. Qui, infatti, hanno gettato la maschera e mostrato le loro viscere.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Occidente ha deciso che il mondo, tutti noi, avremmo dovuto sopportare per sempre i suoi dettami. Nel 1991 l’Occidente pensava che la Russia non si sarebbe mai ripresa da queste turbolenze e sarebbe crollata da sola. Ci è mancato poco: ricordiamo gli anni ’90, i terribili anni ’90, affamati, freddi e senza speranza. Ma la Russia ha resistito, si è rianimata, si è rafforzata e ha reclamato il posto che le spetta nel mondo.

Allo stesso tempo, l’Occidente ha cercato e continua a cercare un’altra occasione per colpirci, per indebolire e disintegrare la Russia, come ha sempre sognato di fare, per frammentare il nostro Stato, per mettere i nostri popoli gli uni contro gli altri, per condannarli alla povertà e all’estinzione. Non riescono a darsi pace per il fatto che esiste un Paese così vasto nel mondo, con il suo territorio, le sue ricchezze naturali, le sue risorse, con la sua gente che non vuole e non vivrà mai secondo gli ordini di qualcun altro.

L’Occidente è disposto a tutto pur di preservare quel sistema neocoloniale che gli permette di parassitare, in sostanza di derubare il mondo a spese del potere del dollaro e del diktat tecnologico, di riscuotere un vero e proprio tributo dall’umanità, di estrarre la principale fonte di ricchezza non guadagnata, la rendita egemonica. La conservazione di questa rendita è il loro motivo chiave, autentico, e assolutamente egoistico. Ecco perché la totale de-sovranizzazione è nel loro interesse. Da qui l’aggressione agli Stati indipendenti, ai valori e alle culture tradizionali, i tentativi di minare i processi internazionali e di integrazione che sfuggono al loro controllo, le nuove monete mondiali e i centri di sviluppo tecnologico. Per loro è fondamentale che tutti i Paesi cedano la propria sovranità a favore degli Stati Uniti.

I circoli dirigenti di alcuni Paesi accettano volontariamente di farlo, accettano volontariamente di diventare vassalli; altri vengono corrotti o intimiditi. E se falliscono, distruggono interi Paesi, lasciandosi dietro disastri umanitari, catastrofi, rovine, milioni di fortune umane rovinate e maciullate, enclavi terroristiche, zone di disastro sociale, protettorati, colonie e semicolonie. A loro non importa, purché ottengano i propri benefici.

Voglio sottolineare ancora una volta: è l’avidità, l’intenzione di mantenere il proprio potere illimitato, la vera ragione della guerra ibrida che l'”Occidente collettivo” sta conducendo contro la Russia. Non vogliono che siamo liberi, vogliono vederci come una colonia. Non vogliono una cooperazione paritaria, ma una rapina. Vogliono vederci non come una società libera, ma come una folla di schiavi senz’anima.

Vedono il nostro pensiero e la nostra filosofia come una minaccia diretta per loro, ed è per questo che attaccano i nostri filosofi. La nostra cultura e la nostra arte sono una minaccia per loro, quindi cercano di vietarle. Anche il nostro sviluppo e la nostra prosperità sono una minaccia per loro: la concorrenza cresce. Loro non hanno affatto bisogno della Russia, noi sì. (Applausi).

Vorrei ricordarvi che le pretese di dominio mondiale sono state ripetutamente stroncate dal coraggio e dalla fermezza del nostro popolo in passato. La Russia sarà sempre la Russia. Continueremo a difendere i nostri valori e la nostra Madrepatria.

L’Occidente conta sull’impunità, sul farla franca. Di fatto, l’ha fatta franca fino ad oggi. Gli accordi di sicurezza strategica sono stati gettati nella spazzatura; gli accordi raggiunti al più alto livello politico sono stati dichiarati fasulli; le ferme promesse di non espandere la NATO verso est, una volta che i nostri ex leader le avevano accettate, si sono trasformate in una sporca messinscena; i trattati sulla difesa missilistica e sui missili a medio raggio sono stati unilateralmente annullati con pretesti inverosimili.

Da tutte le parti si sente dire che l’Occidente sostiene un ordine basato sulle regole. Da dove vengono? Chi ha visto queste regole? Chi le ha negoziate? Guardate, queste sono solo sciocchezze, inganni totali, doppi o tripli standard! Semplicemente pensati per gli sciocchi.

La Russia è una grande potenza millenaria, un Paese di civiltà, e non ha intenzione di vivere secondo queste regole truccate e fasulle. (Applausi).

È stato il cosiddetto Occidente a calpestare il principio dell’inviolabilità dei confini e ora decide a propria discrezione chi ha diritto all’autodeterminazione e chi no, chi non ne è degno. Non è chiaro perché lo decidano, né chi abbia dato loro questo diritto. Non è chiaro a loro stessi.

Per questo motivo hanno una rabbia selvaggia per la scelta fatta dalle persone in Crimea, Sebastopoli, Donetsk, Luhansk, Zaporozhye e Kherson. Questo Occidente non ha il diritto morale di valutare e nemmeno di parlare di libertà di democrazia. No, e non è mai stato così!

Le élite occidentali negano non solo la sovranità nazionale e il diritto internazionale. La loro egemonia è di natura decisamente totalitaria, dispotica e di apartheid. Dividono impudentemente il mondo in vassalli, in Paesi cosiddetti civilizzati e in tutti gli altri che, secondo i disegni degli odierni razzisti occidentali, dovrebbero entrare nella lista dei barbari e dei selvaggi. Le false etichette – “Paese canaglia”, “regime autoritario” – sono già in atto, stanno marchiando intere nazioni e Stati, e questa non è una novità. Non c’è nulla di nuovo: le élite occidentali sono rimaste tali e quali – colonialiste. Discriminano, dividono i popoli in prime e altre classi.

Non abbiamo mai accettato e non accetteremo mai questo nazionalismo politico e questo razzismo. E che cos’è, se non razzismo, la russofobia che si sta diffondendo in tutto il mondo? Che cos’è, se non il razzismo, l’indiscussa convinzione dell’Occidente che la sua civiltà, la sua cultura neoliberale, sia il modello indiscutibile per il resto del mondo? “Chi non è con noi è contro di noi”. Suona anche strano.

Anzi, le élite occidentali spostano il pentimento dei propri crimini storici su tutti gli altri, pretendendo dai cittadini dei loro Paesi e delle altre nazioni di scusarsi su cose con cui non hanno assolutamente nulla a che fare – ad esempio, per il periodo delle conquiste coloniali.

Vale la pena ricordare che l’Occidente ha iniziato la sua politica coloniale già nel Medioevo, seguita dalla tratta mondiale degli schiavi, dal genocidio delle tribù indiane in America, dal saccheggio dell’India e dell’Africa, dalle guerre dell’Inghilterra e della Francia contro la Cina, che l’ha costretta ad aprire i suoi porti al commercio dell’oppio. Quello che stavano facendo era rendere interi popoli dipendenti dalle droghe, sterminare deliberatamente interi gruppi etnici per la terra e le risorse, e istituire una vera e propria caccia alle persone come bestie. Questo è contro la stessa natura umana, contro la verità, la libertà e la giustizia.

E siamo orgogliosi che nel XX secolo sia stato il nostro Paese a guidare il movimento anticoloniale, che ha aperto a molti popoli del mondo la possibilità di svilupparsi, di ridurre la povertà e le disuguaglianze, di sconfiggere la fame e le malattie.

Sottolineo che una delle ragioni della secolare russofobia, della rabbia malcelata di queste élite occidentali verso la Russia è proprio il fatto che non ci siamo lasciati derubare durante le conquiste coloniali, che abbiamo costretto gli europei a commerciare per reciproco vantaggio. Ciò è stato ottenuto creando in Russia un forte Stato centralizzato, che si è sviluppato, rafforzato sui grandi valori morali dell’Ortodossia, dell’Islam, dell’Ebraismo e del Buddismo, e sulla cultura e la parola russa, aperta a tutti.

È noto che i piani di intervento in Russia sono stati fatti ripetutamente, hanno cercato di utilizzare sia il Tempo dei Problemi dell’inizio del XVII secolo, sia il periodo di sconvolgimenti dopo il 1917 – ma hanno fallito. Dopo tutto, l’Occidente è riuscito a mettere le mani sulle ricchezze della Russia alla fine del XX secolo, quando lo Stato è stato distrutto. All’epoca ci chiamavano amici e partner, ma in realtà siamo stati trattati come una colonia: trilioni di dollari sono stati sottratti al Paese nell’ambito di una serie di schemi. Tutti noi ricordiamo tutto, non abbiamo dimenticato nulla.

In questi giorni, i cittadini di Donetsk e Luhansk, di Kherson e Zaporozhye hanno parlato per ripristinare la nostra storica unità. Grazie! (Applausi).

Da secoli i Paesi occidentali affermano di portare libertà e democrazia alle altre nazioni. È esattamente il contrario: invece di democrazia, oppressione e sfruttamento; invece di libertà, schiavitù e violenza. L’intero ordine mondiale unipolare è intrinsecamente antidemocratico e non libero, è una menzogna e un’ipocrisia in tutto e per tutto.

Gli Stati Uniti sono l’unico Paese al mondo che ha usato due volte le armi nucleari, distruggendo le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Tra l’altro, hanno creato un precedente.

Ricordo che gli Stati Uniti, insieme agli inglesi, hanno ridotto in rovina Dresda, Amburgo, Colonia e molte altre città tedesche durante la Seconda guerra mondiale senza alcuna necessità militare. Ed è stato fatto in modo dimostrativo, senza, ripeto, necessità militari. Lo scopo era uno solo: come nel caso dei bombardamenti nucleari in Giappone, intimidire il nostro Paese e il mondo intero.

Gli Stati Uniti hanno lasciato un segno terribile sulle popolazioni della Corea e del Vietnam con i loro barbari “bombardamenti a tappeto”, il napalm e le armi chimiche.

Occupano ancora la Germania, il Giappone, la Repubblica di Corea e altri Paesi e allo stesso tempo li chiamano cinicamente alleati alla pari. Mi chiedo che tipo di alleanza sia questa. Tutto il mondo sa che i leader di questi Paesi sono spiati e che i loro leader sono intercettati non solo nei loro uffici, ma anche nelle loro case. È un vero peccato. Si vergogni chi lo fa, e si vergogni chi, come uno schiavo, ingoia in silenzio e senza complimenti questa cafonaggine.

Chiamano solidarietà euro-atlantica gli ordini e le urla sgarbate e insultanti ai loro vassalli; lo sviluppo di armi biologiche e gli esperimenti su persone vive, anche in Ucraina, come nobile ricerca medica.

Sono le loro politiche distruttive, le loro guerre, i loro saccheggi che hanno provocato l’enorme ondata di flussi migratori di oggi. Milioni di persone sopportano privazioni, abusi, muoiono a migliaia nel tentativo di raggiungere l’Europa.

Il pane viene esportato dall’Ucraina. Dove va a finire con il pretesto di “garantire la sicurezza alimentare dei paesi più poveri del mondo”? Dove sta andando? Tutto va ai Paesi europei. Il 5% è stato destinato solo ai Paesi più poveri del mondo. Ancora una volta, un’altra bufala e un vero e proprio inganno.

L’élite americana, infatti, usa la tragedia di queste persone per indebolire i propri rivali, per distruggere gli Stati nazionali. Questo vale anche per l’Europa, vale per l’identità di Francia, Italia, Spagna e altri Paesi con secoli di storia.

Washington chiede sempre più sanzioni contro la Russia, e la maggior parte dei politici europei obbedisce. Capiscono chiaramente che gli Stati Uniti, spingendo affinché l’UE tagli completamente fuori l’energia e le altre risorse russe, stanno praticamente deindustrializzando l’Europa e prendendo il controllo del mercato europeo – capiscono tutto, queste élite europee, capiscono tutto, ma preferiscono servire gli interessi di qualcun altro. Non si tratta più di una banalità, ma di un tradimento diretto dei loro popoli. Dio li aiuti, ma sono affari loro.

Ma agli anglosassoni le sanzioni non bastano, sono ricorsi al sabotaggio – incredibile ma vero – facendo saltare i gasdotti internazionali di Nord Stream che passano sotto il Mar Baltico, distruggendo di fatto l’infrastruttura energetica europea. È evidente a tutti coloro che ne traggono vantaggio. Chi ne beneficia, ovviamente, lo ha fatto.

Il diktat USA si basa sulla forza bruta, sulla legge del pugno. A volte col guantone, altre volte senza, ma l’essenza è la stessa: la legge del pugno. Da qui il dispiegamento e il mantenimento di centinaia di basi militari in ogni angolo del mondo, l’espansione della NATO e i tentativi di formare nuove alleanze militari come AUKUS e simili. Si sta inoltre lavorando molto sulla creazione di un legame militare-politico tra Washington, Seul e Tokyo. Tutti quegli stati che possiedono o cercano di possedere un’autentica sovranità strategica e sono in grado di sfidare l’egemonia occidentale sono automaticamente inclusi nella categoria dei nemici.

È su questi principi che si fondano le dottrine militari USA e NATO, che non chiedono altro che il dominio totale. Le élite occidentali presentano i loro piani neocoloniali nello stesso modo ipocrita, anche con la pretesa di essere pacifici, parlando di una sorta di contenimento, e tale parola subdola migra da una strategia all’altra, ma, in realtà, significa solo una cosa: minare qualsiasi centro di sviluppo sovrano.

Abbiamo già sentito parlare del contenimento di Russia, Cina e Iran. Credo che altri Paesi in Asia, America Latina, Africa e Medio Oriente, così come gli attuali partner e alleati degli Stati Uniti, siano i prossimi in linea. Sappiamo che quando qualcosa non è di loro gradimento, impongono sanzioni anche contro gli alleati: una contro una banca, una contro un’altra, una contro un’azienda, una contro un’altra. È una pratica che verrà ampliata. Stanno prendendo di mira tutti, compresi i nostri vicini più prossimi, i Paesi della CSI [la confederazione degli stati post-sovietici – ndt].

Allo stesso tempo, l’Occidente si sta chiaramente e da tempo abbandonando a un’illusione. Così, avviando una guerra lampo di sanzioni contro la Russia, hanno creduto che sarebbero stati ancora una volta in grado di costruire il mondo intero al loro comando. Tuttavia, una prospettiva così rosea non entusiasma tutti, se non i veri masochisti politici e gli ammiratori di altre forme non convenzionali di relazioni internazionali. La maggior parte degli Stati rifiuta di adottare un approccio viscerale e sceglie invece la strada ragionevole della cooperazione con la Russia.

Una tale insubordinazione da parte loro non era chiaramente attesa dall’Occidente. Si sono semplicemente abituati ad agire secondo un modello, a prendere tutto con la forza sfacciata, il ricatto, la corruzione, l’intimidazione e a convincersi che questi metodi funzioneranno per sempre, come fossero rigidi, congelati nel passato.

Questa fiducia in se stessi è una diretta conseguenza non solo del noto concetto di eccezionalità – anche se certo è sorprendentemente semplice – ma anche della reale fame di informazioni in Occidente. Hanno annegato la verità in un oceano di miti, illusioni e falsi, usando una propaganda estremamente aggressiva, mentendo sconsideratamente, come Goebbels. Più incredibile è la bugia, più velocemente la gente ci crederà: è così che operano, secondo questo principio.

Ma la gente non può essere nutrita con dollari ed euro stampati. Non si possono sfamare con quei pezzi di carta, e la capitalizzazione virtuale e gonfiata dei social network occidentali non può riscaldare le loro case. Tutto questo è importante, ma non meno importante è quello che ho appena detto: non si può sfamare nessuno con i giornali – c’è bisogno di cibo, e queste capitalizzazioni gonfiate non possono nemmeno riscaldare nessuno – c’è bisogno di energia.

Ecco perché i politici europei devono convincere i loro concittadini a mangiare meno, a fare il bagno meno spesso e a vestirsi più caldi in casa. E coloro che iniziano a porsi le giuste domande “perché è così?” – li dichiarano immediatamente nemici, estremisti e radicali. Trasferiscono la colpa sulla Russia, dicendo: è la fonte di tutti i vostri problemi. Mentono di nuovo.

Cosa voglio sottolineare? Ci sono tutte le ragioni per credere che le élite occidentali non cercheranno soluzioni costruttive alla crisi alimentare ed energetica globale, che è nata per loro colpa, proprio a causa della loro politica di lunga data, molto prima della nostra operazione militare speciale in Ucraina, nel Donbas. Non intendono risolvere i problemi di ingiustizia, di disuguaglianza. Si teme che siano pronti a utilizzare altre ricette, a loro familiari.

E qui vale la pena ricordare che l’Occidente è uscito dalle contraddizioni dell’inizio del XX secolo attraverso la Prima Guerra Mondiale. Le ricompense della Seconda Guerra Mondiale hanno permesso agli Stati Uniti di superare finalmente gli effetti della Grande Depressione e di diventare la più grande economia del mondo, imponendo al pianeta il potere del dollaro come valuta di riserva globale. L’Occidente ha ampiamente superato la crisi degli anni ’80 – che si è aggravata negli anni ’80 – appropriandosi dell’eredità e delle risorse dell’Unione Sovietica, che alla fine è crollata. Questo è un dato di fatto.

Ora, per uscire dal groviglio di contraddizioni, hanno bisogno, con tutti i mezzi, di spezzare la Russia e gli altri Stati che scelgono la via sovrana dello sviluppo per saccheggiare ancora di più le ricchezze altrui e a spese di questo chiudere, tappare i loro buchi. Se ciò non dovesse accadere, non escludo che cercheranno di far collassare il sistema, al quale si potrà dare la colpa di tutto, o anche, Dio non voglia, decideranno di usare la nota formula “la guerra cancellerà tutto”.

La Russia comprende la propria responsabilità di fronte alla comunità internazionale e farà di tutto per far rinsavire queste teste calde.

È chiaro che l’attuale modello neocoloniale è condannato a lungo termine. Ma i suoi veri padroni si aggrapperanno ad esso fino alla fine. Semplicemente non hanno nulla da offrire al mondo se non la continuazione dello stesso sistema di saccheggio e racket.

In sostanza, sputano sul diritto naturale di miliardi di persone, la maggior parte dell’umanità, alla libertà e alla giustizia, a determinare il proprio futuro. Ora sono passati alla negazione radicale della moralità, della religione e della famiglia.

Rispondiamo ad alcune domande molto semplici per noi stessi. Vorrei ora tornare a ciò che ho detto e rivolgermi a tutti i cittadini russi, non solo ai colleghi in sala, ma a tutti i cittadini russi: vogliamo davvero avere un “numero uno”, un “numero due” o un “numero tre” al posto di mamma e papà? Vogliamo che i bambini delle nostre scuole, a partire dalle elementari, siano esposti a perversioni che portano al degrado e all’estinzione? Vogliamo che venga loro insegnato che esistono altri generi oltre all’uomo e alla donna e che venga loro proposto un intervento di riassegnazione del sesso? È questo che vogliamo per il nostro Paese e per i nostri figli? Tutto questo per noi è inaccettabile, abbiamo un nostro futuro diverso.

Ripeto, la dittatura delle élite occidentali è diretta contro tutte le società, compresi i popoli dei Paesi occidentali. È una sfida per tutti. Questa negazione totale dell’uomo, la sovversione della fede e dei valori tradizionali, la soppressione della libertà assumono le caratteristiche di una “religione al contrario” – un vero e proprio satanismo. Nel Discorso della Montagna, Gesù Cristo, denunciando i falsi profeti, disse: “Dai loro frutti li riconoscerete”. E questi frutti velenosi sono già evidenti alla gente, non solo nel nostro Paese, ma in tutti i Paesi, anche per molti abitanti dell’Occidente stesso.

Il mondo è entrato in un periodo di trasformazione rivoluzionaria, di natura fondamentale. Si stanno formando nuovi centri di sviluppo, che rappresentano la maggioranza – la maggioranza! – della comunità mondiale e sono pronti non solo a dichiarare i propri interessi, ma anche a difenderli, e che nel multipolarismo vedono l’opportunità di rafforzare la propria sovranità e quindi di conquistare la vera libertà, una prospettiva storica, il diritto a uno sviluppo indipendente, creativo e originale, a un processo armonioso.

In tutto il mondo, compresi Europa e Stati Uniti, come ho detto, abbiamo molte persone che la pensano come noi e sentiamo, vediamo il loro sostegno. In diversi Paesi e società si sta sviluppando un movimento di liberazione e anticoloniale contro l’egemonia unipolare. La sua soggettività non potrà che aumentare. È questa forza che determinerà la futura realtà geopolitica.

Cari amici!

Oggi lottiamo per un percorso giusto e libero, prima di tutto per noi stessi, per la Russia, perché la dittatura, il dispotismo siano per sempre relegati nel passato. Sono convinto che i Paesi e i popoli capiscano che una politica costruita sull’esclusività di chiunque, sulla soppressione di altre culture e popoli è intrinsecamente criminale, che dobbiamo voltare questa pagina vergognosa. Il crollo dell’egemonia occidentale, che è iniziato, è irreversibile. E ripeto: non sarà più come prima.

Il campo di battaglia a cui il destino e la storia ci hanno chiamato è il campo di battaglia per il nostro popolo, per la grande Russia storica. (Applausi) Per una grande Russia storica, per le generazioni future, per i nostri figli, nipoti e pronipoti. Dobbiamo proteggerli dalla schiavitù, da esperimenti mostruosi che cercano di paralizzare le loro menti e le loro anime.

Oggi combattiamo affinché non venga mai in mente a nessuno che la Russia, il nostro popolo, la nostra lingua, la nostra cultura, possano essere cancellati dalla storia. Oggi abbiamo bisogno del consolidamento dell’intera società, e tale coesione può basarsi solo sulla sovranità, sulla libertà, sulla creazione e sulla giustizia. I nostri valori sono umanità, misericordia e compassione.

E vorrei concludere con le parole del vero patriota Ivan Aleksandrovich Ilyin: “Se considero la Russia la mia patria, significa che amo in russo, contemplo e penso in russo, canto e parlo in russo; che credo nella forza spirituale del popolo russo. Il suo spirito è il mio spirito; il suo destino è il mio destino; la sua sofferenza è il mio dolore; la sua fioritura è la mia gioia”.

Dietro queste parole c’è una grande scelta spirituale, che per più di mille anni di storia dello Stato russo è stata seguita da molte generazioni di nostri antenati. Oggi noi facciamo questa scelta, i cittadini delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, i residenti delle regioni di Zaporozhye e Kherson, hanno fatto questa scelta. Hanno scelto di stare con il loro popolo, di stare con la loro Madrepatria, di vivere il suo destino e di vincere insieme a lei.

Intorno a noi – la verità, intorno a noi – la Russia!

(Applausi).

Fonte : http://www.kremlin.ru/events/president/news/69465

(Traduzione a cura della redazione di Trancemedia.eu – che ha riscontrato con il testo originale utilizzando diverse traduzioni automatiche, al fine di rendere la più stretta fedeltà letterale nella versione italiana; corsivi e grassetti sono nostri, per facilitare una prima lettura rapida)

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Altre traduzioni in italiano a seguire:

ALL’ASSEMBLEA GENERALE ONU – Discorso integrale (24 min) doppiato in francese dal canale youtube Afrique Média – primo canale tv panafricano di informazione multilingue. Sotto il video: traduzione in italiano del testo ufficiale e note a cura di Trancemedia.eu

 

  • Discorso di Sergey Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, al dibattito di politica generale della 77a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, New York, 24 settembre 2022.

Cara Signora Presidente,
Cari colleghi,
Signore e signori,

Ci incontriamo in un momento difficile e drammatico. I fenomeni di crisi si stanno intensificando e la situazione della sicurezza internazionale si sta rapidamente deteriorando.
Invece di impegnarsi in un dialogo onesto e nella ricerca di un compromesso, ci troviamo di fronte a disinformazione, rozze messe in scena e provocazioni. La linea occidentale mina la fiducia nelle istituzioni internazionali come organismi di conciliazione degli interessi e nel diritto internazionale come garanzia di giustizia e protezione dei deboli dall’arbitrio. Osserviamo le tendenze negative in forma concentrata all’interno delle mura dell’ONU, che è emersa dai relitti del fascismo tedesco e del militarismo giapponese ed è stata istituita per promuovere relazioni amichevoli tra i suoi membri e per prevenire i conflitti tra di essi.
Ciò che si decide oggi è il futuro dell’ordine mondiale – questo è chiaro a qualsiasi osservatore imparziale. La domanda è se si tratterà di un ordine con un egemone che obbliga tutti a vivere secondo le sue famigerate “regole” che vanno a suo esclusivo vantaggio. O se sarà un mondo democratico e giusto – senza ricatti e intimidazioni nei confronti degli indesiderati, senza neonazismo e neocolonialismo. La Russia sceglie fermamente la seconda opzione. Insieme ai nostri alleati, partner e persone che la pensano come noi, siamo chiamati a lavorare per la sua attuazione.
Il modello unipolare di sviluppo mondiale che faceva gli interessi del “miliardo d’oro” [1], il cui superconsumo è stato per secoli garantito dalle risorse di Asia, Africa e America Latina, appartiene al passato. Oggi l’emergere di Stati sovrani pronti a difendere gli interessi nazionali sta portando alla formazione di un’architettura multipolare equa, socialmente orientata e sostenibile. Tuttavia, i processi geopolitici oggettivi sono percepiti da Washington e dalle élite dirigenti dei Paesi occidentali, completamente asservite, come una minaccia al loro dominio. [2]

Gli Stati Uniti e i loro alleati vogliono fermare il volano della storia. Una volta proclamata la vittoria nella Guerra Fredda, Washington si è elevata al rango di messaggero di Dio sulla Terra, che non ha obblighi, ma solo il “sacro” diritto di agire impunemente – come e dove vuole. Qualsiasi Stato può essere dichiarato zona di azione – soprattutto se non ha soddisfatto gli autoproclamati “padroni del mondo”. Tutti ricordiamo le guerre di aggressione condotte contro la Jugoslavia, l’Iraq, la Libia, che hanno causato centinaia di migliaia di vittime civili, con pretesti inverosimili. Qualcuno di questi paesi è stato davvero toccato da legittimi interessi occidentali? L’inglese o le lingue di altri paesi membri della NATO, i media e la cultura occidentali sono stati banditi? Gli anglosassoni sono stati dichiarati “non umani” e si sono usate armi pesanti contro di loro? Quali sono i risultati delle avventure statunitensi in Medio Oriente? Un miglioramento dei diritti umani e dello stato di diritto? La stabilizzazione della situazione socio-politica? Un aumento del benessere della popolazione? Indicate un Paese in cui Washington è intervenuta con la forza e in cui la vita sia migliorata di conseguenza.
Cercando di far rivivere il modello unipolare con lo slogan dell'”ordine basato sulle regole”, l’Occidente impone ovunque “linee di demarcazione” nello spirito del confronto tra blocchi: “o con noi o contro di noi”. Non c’è una terza opzione, né un compromesso. Proseguendo nel percorso sconsiderato di espansione della NATO verso est e avvicinando le infrastrutture militari del blocco ai confini della Russia, gli Stati Uniti si sono posti il compito di sottomettere gli spazi asiatici. Al vertice NATO di Madrid di giugno [2022], ove questa alleanza che si definisce “difensiva” ha proclamato “l’indivisibilità della sicurezza delle regioni euro-atlantica e indo-pacifica”. Sotto la bandiera delle strategie indo-pacifiche si stanno creando formati chiusi che minano l’intera architettura regionale aperta e inclusiva sviluppatasi per decenni intorno all’ASEAN [3]. E si sta gioca con il fuoco intorno a Taiwan, promettendole anche sostegno militare.

È chiaro che la famigerata “Dottrina Monroe” sta assumendo una portata globale. Washington sta cercando di trasformare l’intero pianeta nel suo “cortile”. Strumento per coartare il dissenso sono le sanzioni unilaterali illegali, che da anni vengono adottate in violazione della Carta delle Nazioni Unite e utilizzate come strumento di ricatto politico. Il cinismo di questa pratica è evidente. Le restrizioni colpiscono i civili impedendo l’accesso a beni essenziali, tra cui medicinali, vaccini e cibo. Un esempio lampante è l’embargo degli Stati Uniti nei confronti di Cuba, che dura da oltre 60 anni. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha insistito a lungo e in modo pressante affinché l’embargo venisse revocata immediatamente. Il Segretario Generale, che ha il compito di promuovere il rispetto delle decisioni dell’Assemblea Generale, deve prestare particolare attenzione al problema. Ha anche un ruolo speciale da svolgere nel mobilitare gli sforzi per affrontare le crisi alimentari ed energetiche scatenate dall’emissione monetaria incontrollata negli Stati Uniti e nell’UE durante la pandemia e dalle azioni irresponsabili e non professionali dell’UE nei mercati degli idrocarburi.

Contrariamente al buon senso, Washington e Bruxelles hanno esacerbato la situazione di crisi dichiarando una guerra economica contro la Russia. Il risultato è stato un aumento dei prezzi mondiali di cibo, fertilizzanti, petrolio e gas. Accogliamo con favore gli sforzi del Segretario Generale che hanno contribuito alla conclusione degli accordi di Istanbul il 22 luglio di quest’anno. Nel frattempo, le navi con il grano ucraino non sono dirette per lo più verso i Paesi più poveri, e gli ostacoli finanziari e logistici creati dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea alle esportazioni russe di grano e fertilizzanti non sono stati completamente rimossi. Da settimane ricordiamo che 300.000 tonnellate di fertilizzanti sono bloccate nei porti europei. Per molto tempo ci siamo offerti di trasferirli gratuitamente ai Paesi africani bisognosi, ma l’UE non ha risposto.

La russofobia ufficiale ha assunto in Occidente una dimensione grottesca e senza precedenti. Non c’è più ritegno nel dichiarare apertamente l’intenzione non solo di infliggere una sconfitta militare al nostro Paese, ma anche di distruggere e smembrare la Russia. Ovvero per ottenere la scomparsa dalla mappa politica del mondo di un’entità geopolitica troppo indipendente.

In che modo, in realtà, le azioni della Russia negli ultimi decenni hanno violato gli interessi dei suoi avversari? Non si riesce a perdonare che la “distensione” militare e strategica del 1980-1990 è stata possibile grazie alla posizione del nostro Paese? Che abbiamo volontariamente sciolto l’Organizzazione del Patto di Varsavia, privando la NATO della sua ragion d’essere? Che abbiamo sostenuto la riunificazione della Germania senza condizioni e contro la posizione di Londra e Parigi? Abbiamo rimpatriato i militari da Europa, Asia e America Latina. Abbiamo riconosciuto l’indipendenza delle ex repubbliche sovietiche. Ci siamo fidati delle promesse dei leader occidentali di non espandere la NATO “nemmeno di un centimetro” verso est. E quando l’abbiamo fatto, abbiamo accettato di legittimare il processo firmando l’Atto di fondazione NATO-Russia [4]. Forse abbiamo violato gli interessi occidentali mettendo in guardia l’Occidente contro l’inaccettabilità di un’infrastruttura militare minacciosa che si avvicina ai nostri confini?

L’arroganza dell’Occidente, dell’eccezionalismo americano, è diventata particolarmente distruttiva dopo la fine della Guerra Fredda. Nel 1991, il vice capo del Pentagono P. Wolfowitz, parlando con W. Clark, comandante delle forze congiunte della NATO in Europa, ammise francamente che dopo la fine della Guerra Fredda avrebbero potuto usare le loro forze armate senza temere punizioni… E che avevano cinque, forse dieci anni per eliminare questi regimi sovietici surrogati come l’Iraq e la Siria, prima che ci fosse una nuova superpotenza in grado di sfidarli. Sono sicuro che un giorno scopriremo dalle memorie di qualcuno come è stata inquadrata la strategia americana anche in relazione all’Ucraina. Tuttavia, i piani di Washington sono già evidenti.
Forse non potremo mai perdonare il fatto che, su richiesta degli Stati Uniti e dell’Unione europea, abbiamo sostenuto gli accordi tra l’allora presidente ucraino Viktor Yanukovych e l’opposizione per risolvere la crisi nel febbraio 2014. Gli accordi, garantiti da Germania, Francia e Polonia, furono calpestati il mattino seguente dai capi del sanguinoso colpo di Stato, che umiliarono i mediatori europei. L’Occidente alzò le mani e assistette in silenzio al bombardamento dell’Ucraina orientale da parte dei complottisti, che si rifiutavano di riconoscere il colpo di Stato e l’elevazione al rango di eroi nazionali degli sgherri nazisti coinvolti nella brutale pulizia etnica di russi, polacchi ed ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Dovevamo forse sopportare la politica di Kiev di divieto totale della lingua, dell’istruzione, dei media e della cultura russa, le richieste di espulsione dei russi dalla Crimea e la dichiarazione di guerra contro il Donbas, i cui abitanti sono stati dichiarati per bocca delle autorità di Kiev, sia di allora che di oggi, non esseri umani ma “creature”?
È possibile che la Russia abbia violato gli interessi occidentali svolgendo un ruolo chiave nel fermare le ostilità scatenate dai neonazisti di Kiev nell’Ucraina orientale e poi chiedendo l’attuazione del Pacchetto di misure di Minsk, approvato all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’ONU nel febbraio 2015, ma insabbiato da Kiev con il coinvolgimento diretto di USA e UE?
Nel corso degli anni abbiamo ripetutamente proposto un accordo sulle regole di coesistenza in Europa basato sul principio della sicurezza uguale e indivisibile, che è stato confermato ai massimi livelli nei documenti dell’OSCE [5]. Secondo questo principio, nessuno rafforzerebbe la propria sicurezza a scapito di quella degli altri. Abbiamo fatto l’ultima proposta per rendere questi accordi legalmente vincolanti nel dicembre 2021, ricevendo un arrogante rifiuto.

L’incompetenza dei Paesi occidentali e la continua guerra del regime di Kiev contro il proprio popolo non ci hanno lasciato altra scelta che riconoscere l’indipendenza delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk e lanciare un’operazione militare speciale per proteggere i russi e gli altri residenti del Donbass ed eliminare le minacce alla nostra sicurezza che la NATO ha costantemente creato sul territorio ucraino, di fatto, ai nostri confini. L’operazione è condotta in base ai trattati di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca tra la Russia e queste repubbliche, in riferimento all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. Sono certo che qualsiasi Stato sovrano che si rispetti farebbe lo stesso al nostro posto, consapevole della responsabilità che ha nei confronti del proprio popolo.

Ora l’Occidente è in preda a una crisi isterica a causa dei referendum nelle regioni ucraine di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporozhye, ma gli abitanti di quelle zone stanno solo reagendo a ciò che il capo del regime di Kiev, V.A. Zelensky, ha raccomandato loro in una delle sue interviste dell’agosto 2021. Ha consigliato a tutti coloro che si sentono russi di “andare” in Russia per il bene dei loro figli e nipoti. I residenti delle regioni citate stanno facendo proprio questo e stanno portando con sé le terre in cui i loro antenati hanno vissuto per secoli.

È evidente a qualsiasi osservatore imparziale: per gli anglosassoni, che hanno completamente sottomesso l’Europa, l’Ucraina è solo materiale sacrificabile nella lotta contro la Russia. La NATO ha dichiarato che il nostro Paese è una minaccia immediata sulla via del dominio totale degli Stati Uniti e ha definito la Cina come una sfida strategica a lungo termine.
Allo stesso tempo, l'”Occidente collettivo” guidato da Washington sta inviando un segnale intimidatorio a tutti gli altri Paesi, senza eccezioni: chiunque osi disobbedire può essere il prossimo.
Una delle conseguenze della “crociata” dichiarata dall’Occidente contro gli indesiderati è il progressivo decadimento delle istituzioni multilaterali, che vengono trasformate dagli Stati Uniti e dai loro alleati in strumenti per i loro interessi egoistici. Questa linea viene imposta in seno alle Nazioni Unite, al Consiglio per i diritti umani dell’ONU, all’UNESCO e ad altre strutture multilaterali. Di fatto, l’OPCW [6] è stata privatizzata. Nella BWC [7] si sta cercando di impedire la creazione di un meccanismo di trasparenza per le centinaia di programmi di armi biologiche del Pentagono in tutto il mondo, anche lungo il perimetro dei confini della Russia e in tutta l’Eurasia. Che questi programmi non siano affatto innocui è dimostrato dai fatti concreti scoperti in territorio ucraino.

Vediamo una linea assertiva per privatizzare il Segretariato delle Nazioni Unite e per introdurre nel suo lavoro un discorso neoliberale che ignora la diversità culturale e di civiltà del mondo moderno. A questo proposito, chiediamo che si presti attenzione, come richiesto dalla Carta delle Nazioni Unite, a garantire un’equa rappresentanza geografica degli Stati membri nelle strutture del Segretariato, evitando il predominio di un gruppo di Paesi.
Una situazione intollerabile si è sviluppata intorno al mancato adempimento da parte di Washington degli obblighi previsti dall’Accordo tra il Segretariato e il governo degli Stati Uniti sull’obbligo del “Paese ospitante” la sede dell’ONU per garantire condizioni normali nella partecipazione di tutti gli Stati membri ai lavori dell’ONU. L’accordo affida al Segretario generale anche le responsabilità in materia. L’inerzia non è accettabile.

Gli sforzi di alcuni Paesi per minare le prerogative del Consiglio di sicurezza non possono non destare preoccupazione. Indubbiamente, sia il Consiglio che l’ONU nel suo complesso devono essere adattati alle realtà moderne. Vediamo prospettive di democratizzazione del lavoro del Consiglio di Sicurezza esclusivamente – e desidero sottolinearlo – attraverso una maggiore rappresentanza di Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. In particolare, notiamo che l’India e il Brasile sono attori chiave a livello internazionale e degni candidati a diventare membri permanenti del Consiglio, e che l’Africa deve essere necessariamente valorizzata.

Ora più che mai è importante che tutti gli Stati membri riaffermino inequivocabilmente, senza riserve, il loro impegno verso gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, come primo passo necessario per ripristinare la responsabilità collettiva per il destino dell’umanità.
È con questo obiettivo che nel luglio 2021 è stato istituito il Gruppo di Paesi amici in difesa della Carta, co-fondato dalla Russia e che comprende già circa due dozzine di Paesi [8]. Il Gruppo mira a garantire una stretta aderenza alle norme universali del diritto internazionale, in contrapposizione a dannosi approcci unilaterali. Invitiamo tutti coloro che condividono questa posizione ad unirsi ad essa. In questo contesto, il Movimento dei Non Allineati, i BRICS, la SCO e l’ASEAN [v. nota 3] hanno un notevole potenziale positivo.

I colleghi occidentali, pur imponendo in modo aggressivo a tutti i Paesi la loro concezione della democrazia come modello di organizzazione della vita sociale, sono categoricamente indisposti a farsi guidare dalle norme democratiche negli affari internazionali. Un esempio recente è la situazione intorno all’Ucraina. La Russia ha chiarito la sua posizione in dettaglio, come fa da diversi anni. L’Occidente ha proclamato il suo disaccordo con essa. Sembra che il resto della comunità mondiale debba decidere autonomamente quale posizione assumere: per alcuni, per altri o per la neutralità. Questo sembra essere il modo in cui nelle democrazie, quando politici avversi difendono i loro punti di vista e agitano la popolazione, ma gli Stati Uniti e i loro alleati non danno a nessuno la libertà di scegliere. Minacciano e torcono le braccia a chiunque osi pensare con la propria testa. Chiedono di unirsi alle sanzioni antirusse con minacce. Sono pessimi, ma è ovvio che questo tipo di azione da parte degli Stati Uniti e dei suoi satelliti non è affatto democrazia, ma pura dittatura, o almeno un tentativo di imporre una dittatura.

C’è la persistente impressione che Washington e l’Europa soggiogata stiano cercando di preservare la loro sfuggente egemonia solo con metodi proibiti. La diplomazia viene ripetutamente sostituita da sanzioni illegittime contro i concorrenti forti nell’economia, nello sport, nello spazio informativo, negli scambi culturali e nei contatti umani in generale. Prendiamo il problema dei visti per i delegati agli eventi internazionali a New York, Ginevra, Vienna e Parigi: anche questo è un tentativo di eliminare i concorrenti, di impedire punti di vista alternativi nelle discussioni multilaterali.

Sono convinto della necessità di proteggere l’ONU, di ripulire l’Organizzazione mondiale da tutto ciò che è conflittuale ed estraneo, di ripristinare la sua reputazione come piattaforma per discussioni oneste per trovare un equilibrio tra gli interessi di tutti gli Stati membri. Questo è l’approccio che ci guida nel promuovere le nostre iniziative nazionali all’ONU.
È di fondamentale importanza raggiungere un divieto completo di collocare armi nello spazio esterno, che è l’obiettivo del progetto di trattato internazionale russo-cinese attualmente all’esame della Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo.
Particolare attenzione dovrebbe essere prestata ai compiti di protezione del cyberspazio, compreso il raggiungimento di un accordo in seno al Gruppo di lavoro aperto dell’Assemblea Generale sui modi per garantire la sicurezza dell’informazione a livello internazionale, nonché lo sviluppo di una convenzione universale sulla lotta all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a fini criminali nel quadro del Comitato ad hoc.
Continueremo a sostenere l’Ufficio antiterrorismo e gli altri organismi antiterrorismo delle Nazioni Unite.
Continueremo a promuovere lo sviluppo dinamico delle relazioni dell’ONU con la CSTO [9], la CSI [10] e l’EAEU [11], al fine di coordinare gli sforzi nell’area della Grande Eurasia.
La Russia chiede di intensificare gli sforzi per risolvere i conflitti regionali. Consideriamo prioritario superare lo stallo nella creazione di uno Stato palestinese indipendente, ripristinare la statualità dell’Iraq e della Libia distrutti dall’aggressione della NATO, neutralizzare le minacce alla sovranità della Siria, stabilire un processo di riconciliazione nazionale sostenibile nello Yemen e superare la pesante eredità della NATO in Afghanistan. Ci stiamo impegnando per rilanciare l’originale Piano d’azione congiunto globale sul programma nucleare iraniano e per garantire una soluzione equa e completa dei problemi nella penisola coreana. Le numerose situazioni di conflitto in Africa richiedono di resistere alla tentazione di farne oggetto di “giochi a somma zero” geopolitici e di consolidare gli attori esterni a sostegno delle iniziative dell’Unione africana. La situazione in Kosovo e in Bosnia-Erzegovina, dove gli Stati Uniti e l’Unione europea stanno ostinatamente lavorando per distruggere il quadro giuridico internazionale incarnato nella risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dall’accordo di pace di Dayton, è motivo di preoccupazione.

Signora Presidente,
In tempi di cambiamento, è nella natura umana cercare sostegno e conforto nella saggezza dei predecessori, che sono stati meno fortunati. Per dirla con le parole dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite James Hammarskjöld, che ricordava gli orrori della Seconda guerra mondiale, “l’ONU non è stata creata per condurre l’umanità in paradiso, ma per salvarla dall’inferno”. Queste parole sono più attuali che mai. Esse invitano tutti noi a prendere coscienza della nostra responsabilità individuale e collettiva nel creare le condizioni per uno sviluppo sicuro e armonioso delle generazioni future. Ciò richiede la volontà politica di tutti.
Siamo pronti a questo onesto lavoro e convinti che la sostenibilità dell’ordine mondiale possa essere garantita solo attraverso un ritorno alle radici della diplomazia delle Nazioni Unite, basata sul principio chiave della Carta della vera democrazia: il rispetto dell’uguaglianza sovrana degli Stati.

Grazie.

Fonte: https://mid.ru/ru/press_service/minister_speeches/1831211/

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Note della redazione di Trancemedia.eu

[1] Il “Miliardo d’Oro” è il concetto centrale della teoria secondo cui alcune forze riconoscibili come “élite occidentale” realizzano la redistribuzione della maggior parte dei beni a favore di una quota relativamente piccola e benestante della popolazione terrestre (il “Miliardo d’oro”), in breve le classi alte e medie dei paesi occidentali. Negli anni ’90 questa teoria è stata utilizzata da alcuni pubblicisti per spiegare il calo del tenore di vita dei cittadini russi durante le riforme neoliberiste. Il concetto di “miliardo d’oro” può essere utilizzato nel giornalismo russo per riferirsi alla popolazione dei paesi più ricchi e sviluppati e riflettere lo squilibrio negli standard di vita e nei consumi tra questi e i paesi in via di sviluppo. Per la prima volta l’espressione “miliardo d’oro” apparve negli articoli del pubblicista sovietico A.K. Tsikunov alla fine degli anni ’80. Nel marxismo ortodosso, il “miliardo d’oro” era definito superprofitto imperialista, ma questa grigia espressione leniniana non è più in auge benché, nella pratica, la fenomenologia finanziaria negli ultimi 50 anni abbia preso dimensioni abnormi, come dimostra la transizione britannica da impero a polo finanziario planetario.

[2] Le economie emergenti a partire dagli anni ’80 sono Paesi già sottoposti a dominio coloniale o relegati in posizione semicoloniale, emersi sacrificando un paio di generazioni al lavoro sottopagato. Essi stanno oggi costruendo la loro classe media in parziale autonomia dai “valori” occidentali; oggi devono poter ricercare, sperimentare, affermare nuovi paradigmi e tassonomie di politica economica e di gestione ambientale. Con la sofferenza e il duro lavoro hanno elaborato nuovo sapere; chi più di loro sul pianeta è responsabile e affidabile? Il giornalista e studioso russo-americano Andrew Korybko sostiene che il G7 del ‘Miliardo d’Oro’ non potrà competere con i Grandi Otto del Sud del mondo (Cina, India, Russia, Indonesia, Brasile, Messico, Iran, Turchia).

[3] Associazione Sud-Est Asia di Nazioni (ASEAN) – fondata nel 1967 da Indonesia, Malaysia, Philippines, Singapore, Thailandia, oggi include anche Brunei, Cambogia, Laos, Myanmar, Singapore, Vietnam. In una successiva occorenza sono citati anche: BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) e SCO (Shanghai Cooperation Organisation), fondata nel 2001 da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, poi allargata a India, Pakistan, con numerosi Paesi osservatori, dialoganti e in entrata; fra questi, Iran, Arabia Saudita, Turchia, Egitto.

[4] Firmato a Parigi il 27 maggio 1997, nell’era Eltsin. V. articolo di Nicoletta Mosconi su Il Federalista (apre in nuova scheda)

[5] Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa – fondata come CSCE nel 1973 a Helsinki per la ripresa del dialogo Est-Ovest, poi OSCE, oltre a tutti i Paesi europei riunisce Turchia, Russia, Repubbliche ex-Urss, Mongolia, Stati Uniti, Canada.

[6] Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW), organismo internazionale con sede a L’Aia; dovrebbe agire in collaborazione con l’ONU ma è stata oggetto di numerose controversie prima e dopo la seconda guerra in Iraq.

[7] Biological Weapons Convention (BWC). Iniziata nel 1972, oggi la Convenzione sulle armi chimiche è sottoscritta da 163 governi (22 Stati non l’hanno però ratificata). La debolezza delle norme in merito a verifica e monitoraggio ne indebolisce l’efficacia. La Russia ha diffuso informazioni su numerosi laboratori americani di armi biologiche reperiti in Ucraina durante l’operazione militare iniziata a febbraio 2022.

[8] Gruppo di amici in difesa della Carta delle Nazioni Unite, membri fondatori 2021: Algeria, Angola, Bielorussia, Bolivia, Cambogia, Cina, Cuba, Eritrea, Iran, Laos, Nicaragua, Corea del Nord, Palestina, Russia, Saint Vincent e Grenadine, Siria, Venezuela.

[9] Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), alleanza militare di sei Stati post-societici: Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Russia, Tajikistan.

[10] Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), organizzazione internazionale composta da nove delle quindici ex repubbliche sovietiche: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan e Uzbekistan. Il Turkmenistan è membro associato. I Paesi baltici non aderirono; la Georgia uscì nel 2009, l’Ucraina nel 2014. La Mongolia è osservatore.

[11] Unione Economica Eurasiatica (EAEU, anche UEE), spazio in cui sono rimossi gli ostacoli agli scambi e i dazi doganali, per facilitare il commercio reciproco. La compongono Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Russia.

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AL CONSIGLIO DI SICUREZZA – Discorso integrale (19 min) doppiato in francese dal canale youtube Afrique Média – primo canale tv panafricano di informazione multilingue. Sotto: traduzione in italiano del testo ufficiale, a cura di Trancemedia.eu

 

  • Sergey Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull’Ucraina, New York, 22 settembre 2022, ore 22:19

Cara signora Presidente,

Eccellenze,

Colleghi,

Mi risulta che l’incontro di oggi sia stato motivato dal desiderio di alcune delegazioni di discutere il tema dell'”impunità” in Ucraina. Credo che questo sia molto opportuno. Impunità è un termine che riflette pienamente ciò che sta accadendo nel Paese dal 2014. Forze nazional-radicali, veri e propri russofobi e neonazisti sono poi saliti al potere grazie a un colpo di Stato armato con il sostegno diretto dei Paesi occidentali. Subito dopo, hanno intrapreso un percorso di illegalità e di totale disprezzo per i diritti umani e le libertà fondamentali: il diritto alla vita, alla libertà di parola, all’accesso alle informazioni, alla libertà di espressione, alla libertà di coscienza e all’uso della propria lingua madre.

I crimini commessi sul Maidan nel febbraio 2014 sono ancora impuniti. Gli autori della mostruosa tragedia di Odessa del 2 maggio 2014, quando circa 50 persone sono state bruciate vive e uccise nella locale Casa dei Sindacati, non sono stati trovati né puniti. Anche gli omicidi politici di Oleksandr Buzina, Pavel Sheremet e altre figure pubbliche e giornalisti fanno parte di questo elenco. Nonostante ciò, oggi cercano di imporci una narrazione completamente diversa, che vede nell’aggressione russa la causa principale di tutti i problemi.

Questo ignora il fatto che per più di otto anni l’esercito ucraino e le milizie delle formazioni nazionaliste hanno ucciso e assassinato impunemente i residenti del Donbas solo perché si sono rifiutati di riconoscere i risultati del criminale, sanguinoso e anticostituzionale colpo di Stato di Kiev e hanno deciso di difendere i loro diritti garantiti dalla Costituzione ucraina, compreso il diritto al libero uso della loro lingua madre russa.

Ricordiamo che nel 2015 l’allora primo ministro Yatsenyuk disse che nel Donbas vivevano “non umani” «нелюди». Anche l’attuale Presidente V.A. Zelensky non è da meno. In un’intervista del settembre 2021, alla domanda su cosa pensasse delle persone che vivono nel Donbas, ha risposto che ci sono persone e ci sono “creature”, “esemplari”. Questa è una caratteristica persistente del regime ucraino, sia sotto Poroshenko che sotto Zelensky.

Hanno dichiarato terroristi tutti coloro che non sono d’accordo con i risultati del colpo di Stato. Per otto anni, il regime di Kiev ha condotto una “operazione militare” contro i civili. In Ucraina, da molti anni è in corso una mobilitazione totale di tutta la popolazione adulta, comprese le donne, per reclutarle nelle file dei battaglioni nazionalisti e delle forze armate ucraine.

Pur affermando ipocritamente di essere impegnate a rispettare gli accordi di Minsk, le autorità di Kiev hanno apertamente e impunemente sabotato la loro attuazione. È stato imposto un blocco finanziario, dei trasporti e dell’energia nel Donbas. Gli abitanti della regione sono stati tagliati fuori da benefici sociali, pensioni, stipendi, servizi bancari, comunicazioni, istruzione e assistenza sanitaria. Sono stati privati dei diritti civili fondamentali, compresi quelli garantiti dai Patti internazionali del 1966 sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici.

A un certo punto, stanco di fingere, Zelenski ha dichiarato che il “pacchetto di misure” di Minsk era necessario solo per mantenere le sanzioni imposte alla Russia. Il suo predecessore e co-autore degli accordi di Minsk, Petro Poroshenko, è stato ancora più esplicito. Un paio di mesi fa, ha dichiarato pubblicamente e con orgoglio che né lui né altri in Ucraina avrebbero attuato gli accordi che aveva firmato. Erano necessari solo per guadagnare tempo e ottenere armi dai Paesi occidentali per la guerra con la Federazione Russa. Il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa dell’Ucraina, A.M. Danilov, ha parlato nella stessa ottica.

Il regime di Kiev deve la propria impunità ai suoi gestori occidentali, in primo luogo Germania e Francia e, naturalmente, agli Stati Uniti. Invece di chiedere alla leadership di Kiev di attuare gli accordi di Minsk, Berlino e Parigi hanno cinicamente chiuso gli occhi di fronte alle aperte minacce di Kiev di risolvere il “problema del Donbas” con la forza – il cosiddetto Piano B.

Negli ultimi anni, il regime di Kiev ha sferrato un attacco frontale alla lingua russa. Ha violato impunemente i diritti della popolazione russa e russofona dell’Ucraina. Sono state adottate scandalose leggi “linguistiche” – sull’istruzione (2017), sulla garanzia del funzionamento della lingua ucraina come lingua di Stato (2019), sull’istruzione secondaria generale completa (2020), sulle popolazioni indigene dell’Ucraina (2021). Tutte queste leggi mirano a marginalizzare la lingua russa e, di fatto, a bandirla del tutto.

Allo stesso tempo, sono state adottate leggi che incoraggiano la teoria e la pratica del nazismo. Kyiv ha ignorato le timide raccomandazioni della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e dell’Alto Commissario dell’OSCE per le Minoranze Nazionali di correggere la legislazione linguistica. A loro volta, queste strutture multilaterali non hanno trovato il coraggio (forse semplicemente non gli è stato permesso) di indurre le autorità ucraine a rispettare i loro obblighi internazionali in materia di diritti umani.

Il Ministero dell’Istruzione ucraino ha escluso la lingua e la letteratura russa dai programmi scolastici. I libri in russo vengono vietati e distrutti, come nella Germania nazista, e i monumenti agli scrittori russi vengono distrutti.

Con il sostegno dello Stato, viene inculcata un’ideologia di intolleranza nazionale verso l’etnia russa. Oggi i funzionari del Paese non si vergognano più della loro essenza nazista e invocano apertamente e impunemente l’assassinio del popolo russo.

Ecco alcuni esempi. L’ambasciatore ucraino in Kazakistan P.Y. Vrublevsky, che è tornato a Kiev, ha dichiarato in un’intervista del 22 agosto di quest’anno quanto segue “Cerchiamo di ucciderli (i russi) il più possibile. Più uccidiamo i russi ora, meno i nostri figli dovranno uccidere. Questo è tutto”. Qualcuno ha prestato attenzione a questo? In precedenza, la scorsa primavera, il sindaco di Dnieper B.A. Filatov si era espresso nello stesso senso: “È arrivato il momento della rabbia fredda. Ora abbiamo il pieno diritto morale di uccidere con calma e con mente assolutamente libera questi sotto-uomini in tutto il mondo, senza limiti di tempo e nella massima quantità possibile”. Il 13 settembre di quest’anno, il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale, A.M. Danilov, ha dichiarato: “Negli insediamenti in cui entrano le forze armate ucraine, i residenti saranno ucrainizzati senza tenere conto della loro opinione. Ciò riguarderà non solo i russi, ma anche i rappresentanti di altre nazionalità. Se avete il desiderio di studiare anche altre lingue, il rumeno, il polacco, l’ebraico, fatelo pure, ma non a spese del nostro Stato, potete aumentare la vostra istruzione a vostre spese.”

Inutile dire che tutte queste buffonate russofobe sono rimaste completamente impunite. Non si tratta solo di russofobia. Ha parlato di rappresentanti di altre nazionalità che vivono in Ucraina.

L’apoteosi è stata l’intervista di Zelensky del 5 agosto 2021. Ha consigliato a tutti coloro che si sentono russi di andare in Russia per il bene dei propri figli e nipoti.

Mi sembra che le decisioni prese ora dai cittadini di alcune regioni dell’Ucraina di indire referendum siano una risposta ai suoi desideri.

Con il pretesto di combattere l'”aggressione russa” e il “separatismo” in Ucraina, si sta intensificando la persecuzione dei dissidenti. Nel marzo di quest’anno, 11 partiti politici sono stati banditi con il pretesto dei loro “legami con la Russia”. I principali canali televisivi russofoni di opposizione sono stati chiusi da tempo. I siti web sgraditi al governo sono stati bloccati. I giornalisti sono perseguitati per aver tentato di fornire una visione alternativa a quella ufficiale. L’importante attivista sociale ucraina E.Berezhnaya, che ha ripetutamente parlato alle Nazioni Unite e all’OSCE dell’ascesa del neonazismo in Ucraina, è detenuta nelle carceri dell’SBU.

Non abbiamo dubbi sul fatto che l’Ucraina si sia finalmente trasformata in uno Stato nazista totalitario in cui le norme del diritto internazionale umanitario vengono impunemente violate. Non c’è da stupirsi che le forze armate ucraine e i battaglioni nazionalisti stiano impiegando tattiche terroristiche, usando i civili come scudi umani.

In questo contesto, la posizione degli Stati che stanno rifornendo l’Ucraina di armi ed equipaggiamenti militari e che stanno addestrando le forze armate ucraine è particolarmente cinica. L’obiettivo è evidente (non lo nascondono, ma lo dichiarano): prolungare il più possibile le ostilità, nonostante le perdite e le distruzioni, per impoverire e indebolire la Russia. Questa linea significa che i Paesi occidentali sono direttamente coinvolti nel conflitto ucraino, rendendoli parte in causa. Anche la deliberata fomentazione di questo conflitto da parte dell'”Occidente collettivo” rimane impunita. Infatti, non si puniranno da soli.

Non ci illudiamo che oggi le Forze Armate russe e le milizie di Donetsk e Luhansk debbano confrontarsi non solo con le formazioni neonaziste del regime di Kiev, ma anche con la macchina militare dell’Occidente “collettivo”. In tempo reale, utilizzando sistemi moderni, aerei, navi, satelliti e droni strategici, la NATO fornisce informazioni alle forze armate ucraine, suggerendo che la Russia deve essere sconfitta sul campo di battaglia (come affermano esplicitamente i funzionari dell’UE) e privata di ogni sovranità come punizione. Non si tratta più di razzismo latente, ma di quello più palese.

Sullo sfondo dei massicci bombardamenti degli insediamenti nel Donbas, Zelensky si rallegra dell’efficacia delle armi occidentali. Ecco una sua citazione recente: “Finalmente sembra che l’artiglieria occidentale, le armi che abbiamo ricevuto dai nostri partner, stiano funzionando molto bene. La sua accuratezza è davvero come deve essere”, ha dichiarato cinicamente il leader di questa entità statale. Allo stesso tempo, nessun obiettivo militare o strategico è stato colpito negli insediamenti bombardati. Solo i civili del Donbas ne stanno soffrendo.

Dalla fine di luglio di quest’anno, le forze armate ucraine stanno minando a distanza il centro di Donetsk e i suoi sobborghi con mine antiuomo “farfalla”, vietate. Il loro uso viola gravemente la Convenzione sul divieto delle mine antiuomo del 1997, ratificata dall’Ucraina nel 2005, e il Secondo Protocollo alla Convenzione di Ginevra sulle armi convenzionali (che vieta le mine senza autodistruttore).

Tali atrocità sono state possibili e rimangono impunite perché gli Stati Uniti e i loro alleati, con la connivenza delle istituzioni internazionali per i diritti umani, hanno sistematicamente coperto i crimini del regime di Kiev da otto anni, costruendo la loro politica nei confronti di Zelensky sul noto principio americano: “certo che è un maiale, ma è il nostro maiale”.

La scomoda verità che oscura l’immagine luminosa dell’Ucraina vittima dell’aggressione russa viene diligentemente sorvolata e talvolta palesemente offuscata. Persino l’organizzazione occidentale per i diritti umani Amnesty International, che difficilmente può essere sospettata di nutrire simpatie per la Russia, è stata duramente criticata e bollata come agente del Cremlino, solo perché nel suo rapporto ha confermato i fatti ben noti che Kyiv stava dispiegando posizioni di combattimento e armi pesanti in siti civili.

Il bombardamento criminale della centrale nucleare di Zaporizhzhya (ZNPP) da parte dei militanti del regime di Kiev rimane impunito mentre crea il rischio di una catastrofe nucleare. E questo accade nonostante i dipendenti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) siano presenti in modo permanente nell’impianto dal 1° settembre di quest’anno e non sia difficile identificare la parte responsabile del bombardamento.

Vorrei ricordare che la visita dell’AIEA alla centrale nucleare di Zaporizhzhya è stata artificialmente ritardata, benché già il 3 giugno di quest’anno tutti i dettagli erano stati definiti e la missione avrebbe potuto recarsi sul posto indisturbata. Poi si è verificata una situazione indecorosa, quando il Dipartimento di Sicurezza del Segretariato delle Nazioni Unite ha rifiutato di “dare la sua approvazione” al percorso specifico concordato dalla Russia e dall’Agenzia. Poi ha iniziato a sostenere che l’AIEA avrebbe determinato da sola tutti i parametri della missione. Questo schema senza scrupoli ha ritardato di tre mesi la visita della missione dell’Agenzia alla centrale, praticamente tre mesi di ritardo.

Abbiamo grande preoccupazione per la sorte dei militari russi caduti nelle mani dei nazionalisti ucraini. Esistono numerose testimonianze dei loro maltrattamenti, comprese le esecuzioni sommarie, in violazione dei dettami del diritto umanitario internazionale. Sono sicuro che coloro che sono interessati agli eventi reali in Ucraina hanno visto i filmati del massacro da parte dei nazisti ucraini dei prigionieri di guerra russi, che sono stati gettati a terra con le mani legate dietro la schiena e colpiti alla testa. Qualcuno dei paesi qui rappresentati ha commentato questo crimine?

Abbiamo numerose prove di questi e altri atti criminali del regime di Kiev, commessi regolarmente dal 2014. Le autorità russe preposte all’applicazione della legge, in collaborazione con i colleghi delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, stanno registrando e indagando attentamente sui fatti di reato. È stato accertato il coinvolgimento di oltre 220 persone, tra cui rappresentanti dell’alto comando delle forze armate ucraine e comandanti di unità militari che hanno bombardato i civili. Sono in corso indagini penali contro cittadini di Regno Unito, Canada, Stati Uniti e Paesi Bassi per mercenarismo e attività criminali in Ucraina. Vi assicuro che tutti i responsabili, indipendentemente dalla loro nazionalità, saranno consegnati alla giustizia.

Ancora una volta vorrei richiamare la vostra attenzione su quanto segue. Quando alla fine di marzo di quest’anno i negoziatori russi e ucraini a Istanbul si erano praticamente intesi sui parametri per un accordo proposti da Kiev, un paio di giorni dopo si è verificata la tragedia a Bucha. Nessuno ha dubbi sul fatto che si tratti di una messinscena. Subito dopo questa messinscena, i nostri colleghi occidentali hanno sollevato l’isteria e introdotto un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Federazione Russa, accusandoci di aver ucciso dei civili. Da allora, quando questo effetto propagandistico si realizzò, nessuno ricorda più l’insediamento di Bucha, tranne noi. Ancora una volta, rivolgo un appello alla presenza del Segretario Generale e degli onorevoli ministri: fate in modo che le autorità ucraine compiano l’elementare passo di pubblicare i nomi delle persone i cui cadaveri sono stati mostrati a Bucha. Sono mesi che lo chiedo. Nessuno ascolta e nessuno vuole rispondere.

Egregio signor Segretario generale, almeno lei usi la sua autorità, per favore. Penso che sarà utile per tutti affrontare questo episodio.

Abbiamo richiamato l’attenzione sull’aumento dell’attività della giustizia internazionale nei confronti dell’Ucraina. Vengono pubblicizzati alcuni “sforzi” per indagare sui crimini in Ucraina attribuiti all’esercito russo. Tutto questo rivela il carattere di un ordine. Lo vediamo benissimo.

Ricordo ancora una volta che né il sanguinoso colpo di Stato del 2014 a Kiev, né la tragedia di Odessa del 2 maggio 2014, né il bombardamento di città pacifiche nel Donbas, né il bombardamento di Luhansk da parte di aerei il 2 giugno 2014 e molti altri fatti hanno suscitato una reazione coerente da parte della Corte penale internazionale (CPI). D’altronde più di 3.000 accuse di crimini contro i residenti del Donbas sono state inviate alla Corte e non c’è stata alcuna reazione. A quanto pare, la leadership di questo “organo giudiziario” ha ricevuto un ordine dall'”alto” per sviluppare una tempesta di attività. Non abbiamo più alcuna fiducia in questo organismo. Per otto lunghi anni abbiamo atteso invano l’inizio della lotta contro l’impunità in Ucraina. Non ci aspettiamo più giustizia da questa e da altre istituzioni internazionali. Il nostro tempo di attesa è finito.

Tutto ciò che ho detto conferma ancora una volta che la decisione di effettuare un’operazione militare speciale era inevitabile. Ne abbiamo parlato più di una volta. Abbiamo presentato un gran numero di fatti che dimostrano come l’Ucraina è stata preparata a svolgere il ruolo di “anti-Russia”, il ruolo di trampolino di lancio per la creazione e l’attuazione di minacce contro la sicurezza russa. Posso assicurarvi che non permetteremo che ciò accada.

Vi ringrazio dell’attenzione.

Fonte: https://mid.ru/ru/press_service/minister_speeches/1830851/

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Discorso del Presidente della Federazione Russa

21 settembre 2022 09:00

Mosca, Cremlino

Discorso di Vladimir Putin da Mosca, il video apre in nuova scheda dal sito della presidenza russa.

Vladimir Putin:

Cari amici!

Il tema del mio intervento è la situazione nel Donbas e il corso dell’operazione militare speciale per liberarlo dal regime neonazista che ha preso il potere in Ucraina nel 2014 a seguito di un colpo di Stato armato.

Oggi mi rivolgo a voi, a tutti i cittadini del nostro Paese, a persone di diverse generazioni, età e nazionalità, al popolo della nostra grande Madrepatria, a tutti coloro che sono uniti dalla grande Russia storica, ai soldati e agli ufficiali, ai volontari che ora combattono in prima linea, sono in servizio di combattimento, ai nostri fratelli e sorelle – i residenti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, delle regioni di Kherson e Zaporozhe e di altre aree liberate dal regime neonazista.

Si tratta di passi necessari e urgenti per proteggere la sovranità, la sicurezza e l’integrità territoriale della Russia, di sostenere il desiderio e la volontà dei nostri compatrioti di determinare il proprio futuro e di contrastare la politica aggressiva di alcune élite occidentali, che cercano con tutti i mezzi di mantenere il loro dominio, e per questo cercano di bloccare e sopprimere qualsiasi centro di sviluppo sovrano indipendente per continuare a imporre la loro volontà su altri Paesi e popoli e per impiantare i loro pseudovalori.

L’obiettivo di questo Occidente è indebolire, dividere e infine distruggere il nostro Paese. Stanno già dicendo direttamente che sono stati in grado di dividere l’Unione Sovietica nel 1991 e ora è arrivato il momento che la Russia stessa si disintegri in una moltitudine di regioni e aree fatalmente ostili.

E da tempo covavano questi piani. Hanno incoraggiato bande di terroristi internazionali nel Caucaso, hanno spinto le infrastrutture offensive della NATO vicino ai nostri confini. Hanno fatto della russofobia totale la loro arma, tra l’altro per decenni hanno alimentato di proposito l’odio verso la Russia, soprattutto in Ucraina, dove hanno preparato il destino della testa di ponte anti-russa, trasformando il popolo ucraino in carne da cannone e spingendolo alla guerra con il nostro Paese. Hanno scatenato questa guerra nel 2014, usando le forze armate contro i civili, organizzando un genocidio, un blocco e il terrore contro le persone che si rifiutavano di riconoscere il governo emerso in Ucraina a seguito del colpo di Stato.

E dopo che l’attuale regime di Kiev ha rifiutato pubblicamente una soluzione pacifica al problema del Donbass e, inoltre, ha annunciato la sua pretesa di armi nucleari, è diventato assolutamente chiaro che una nuova offensiva su larga scala contro il Donbass era inevitabile, come era già successo due volte in passato. E poi, altrettanto inevitabilmente, sarebbe seguito un attacco alla Crimea russa, alla Russia.

In questo contesto, la decisione di lanciare un’operazione militare preventiva era assolutamente necessaria e l’unica possibile. I suoi obiettivi principali – la liberazione dell’intero territorio del Donbas – erano e restano immutati.

La Repubblica Popolare di Luhansk è già stata praticamente completamente ripulita dai neonazisti. Continuano i combattimenti nella Repubblica Popolare di Donetsk. In otto anni, il regime di occupazione di Kiev ha creato qui una linea di fortificazioni a lungo termine e profondamente articolata. L’assalto frontale comporterebbe gravi perdite, quindi le nostre unità, così come le unità militari delle repubbliche del Donbas, agiscono in modo pianificato e competente, utilizzano le attrezzature, salvano il personale e, passo dopo passo, liberano il territorio di Donetsk, liberano le città e i villaggi dai neonazisti e aiutano le persone che il regime di Kiev ha trasformato in ostaggi e scudi umani.

Come sapete, l’operazione militare speciale coinvolge militari professionisti che prestano servizio sotto contratto. Con loro combattono anche le formazioni di volontari: persone di diverse nazionalità, professioni ed età – veri patrioti. Sono insorti per difendere la Russia e il Donbas con il cuore.

A questo proposito, ho già incaricato il Governo e il Ministero della Difesa di determinare in modo completo e il prima possibile lo status giuridico dei volontari e dei combattenti delle unità delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Il trattamento dovrebbe essere uguale a quello dei militari regolari dell’esercito russo, compreso il supporto materiale e medico e le garanzie sociali. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata all’organizzazione della fornitura di attrezzature e equipaggiamenti alle formazioni di volontari e alle unità della milizia popolare nel Donbas.

Durante i compiti principali di difesa del Donbas, le nostre truppe, sulla base dei piani e delle decisioni del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore sulla strategia generale di azione, hanno anche liberato dai neonazisti aree significative delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia e una serie di altre zone. Di conseguenza, si è formata una lunga linea di battaglia, lunga più di mille chilometri.

Cosa voglio dire pubblicamente per la prima volta oggi? Anche dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, compresi i negoziati di Istanbul, i rappresentanti di Kiev hanno reagito molto positivamente alle nostre proposte, che erano principalmente legate alla garanzia della sicurezza della Russia e dei nostri interessi. Ma è ovvio che una soluzione pacifica non conveniva all’Occidente, così, dopo aver raggiunto alcuni compromessi, a Kiev è stato dato l’ordine diretto di demolire tutti gli accordi.

L’Ucraina è stata ulteriormente rifornita di armi. Il regime di Kiev ha schierato nuove bande di mercenari e nazionalisti stranieri, unità militari addestrate secondo gli standard NATO e sotto il comando de facto di consiglieri occidentali.

Allo stesso tempo, il regime di repressione in tutta l’Ucraina contro i suoi stessi cittadini, istituito subito dopo il colpo di Stato armato del 2014, è stato intensificato nel modo più duro possibile. La politica di intimidazione, terrore e violenza sta assumendo forme sempre più massicce, terrificanti e barbare.

Vorrei sottolineare che sappiamo che la maggioranza delle persone che vivono nei territori liberati dai neonazisti, in primo luogo le terre storiche della Novorossia, non vogliono essere sotto il giogo del regime neonazista. A Zaporizhzhya, nella regione di Kherson, a Luhansk e a Donetsk hanno visto e vedono le atrocità commesse dai neonazisti nei quartieri occupati della regione di Kharkiv. I discendenti dei Banderiti e dei punitori nazisti uccidono persone, torturano, imprigionano, regolano conti, massacrano e torturano civili.

Più di sette milioni e mezzo di persone vivevano nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, nelle regioni di Zaporizhzhia e Kherson prima dell’inizio delle ostilità. Molti di loro sono stati costretti a diventare rifugiati, a lasciare le loro case. E coloro che sono rimasti – circa cinque milioni di persone – sono ora soggetti a continui attacchi di artiglieria e razzi da parte di militanti neonazisti. Prendono di mira ospedali e scuole e compiono atti di terrorismo contro i civili.

Non possiamo, non abbiamo il diritto morale di consegnare i nostri cari ai torturatori, non possiamo non rispondere al loro sincero desiderio di determinare il proprio destino. I parlamenti delle Repubbliche popolari del Donbas e le amministrazioni civili e militari delle regioni di Kherson e Zaporizhzhya hanno deciso di indire dei referendum sul futuro di questi territori e hanno chiesto a noi, la Russia, di sostenere questo passo.

Devo sottolineare che faremo di tutto per garantire condizioni sicure per i referendum, in modo che i cittadini possano esprimere la loro volontà. E sosterremo la decisione sul loro futuro che sarà presa dalla maggioranza dei residenti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson.

Cari amici!

Oggi le nostre Forze Armate, come ho già detto, operano sulla linea di contatto, che supera i mille chilometri, confrontandosi non solo con formazioni neonaziste, ma di fatto con l’intera macchina militare dell’Occidente collettivo.

In questa situazione, ritengo necessario prendere la seguente decisione, pienamente adeguata alle minacce che dobbiamo affrontare: per proteggere la nostra patria, la sua sovranità e integrità territoriale, per garantire la sicurezza del nostro popolo e delle persone nei territori liberati, ritengo necessario sostenere la proposta del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore di condurre una mobilitazione parziale nella Federazione Russa.

Ripeto, si tratta di una mobilitazione parziale, cioè saranno soggetti a chiamata per il servizio militare solo i cittadini che sono attualmente nelle riserve, e soprattutto coloro che hanno prestato servizio nei ranghi delle Forze Armate e hanno determinate professionalità militari ed esperienze rilevanti.

I chiamati al servizio militare saranno sottoposti a un addestramento militare supplementare che tiene conto dell’esperienza di un’operazione militare speciale prima di essere inviati alle unità.

È stato firmato il decreto sulla mobilitazione parziale.

In conformità con la legislazione, le camere dell’Assemblea federale – il Consiglio della Federazione e la Duma di Stato – ne saranno ufficialmente informate per lettera oggi.

Le misure di mobilitazione inizieranno oggi, 21 settembre. Do istruzioni ai capi delle regioni di fornire tutta l’assistenza necessaria al lavoro dei commissariati militari.

Sottolineo in particolare che i cittadini russi chiamati a prestare servizio militare in una mobilitazione riceveranno lo status, i diritti e tutte le garanzie sociali di chi presta servizio in base a un contratto.

Vorrei aggiungere che il decreto sulla mobilitazione parziale prevede anche misure aggiuntive per soddisfare l’ordine di difesa dello Stato. I direttori del complesso militare-industriale sono direttamente responsabili dell’aumento della produzione di armi ed equipaggiamenti militari e del dispiegamento di ulteriori capacità produttive. A sua volta, tutte le questioni relative al sostegno materiale, alle risorse e ai finanziamenti per le imprese della difesa dovrebbero essere prontamente risolte dal Governo.

Cari amici!

Nella sua aggressiva politica antirussa, l’Occidente ha superato ogni limite. Sentiamo costantemente minacce contro il nostro Paese e il nostro popolo. Alcuni politici irresponsabili in Occidente non parlano solo di piani per organizzare la consegna di armi offensive a lungo raggio all’Ucraina – sistemi che consentirebbero di effettuare attacchi in Crimea e in altre regioni della Russia.

Tali attacchi terroristici, compresi quelli che utilizzano armi occidentali, sono già stati effettuati in insediamenti di confine nelle regioni di Belgorod e Kursk. La NATO effettua ricognizioni in tempo reale in tutta la Russia meridionale utilizzando sistemi moderni, aerei, navi, satelliti e droni strategici.

Washington, Londra e Bruxelles stanno spingendo direttamente Kiev a trasferire le operazioni militari sul nostro territorio. Non si nascondono più dietro il fatto che la Russia deve essere sconfitta con tutti i mezzi sul campo di battaglia, seguita dalla privazione della sovranità politica, economica, culturale e di qualsiasi tipo, con il completo saccheggio del nostro Paese.

È coinvolto anche il ricatto nucleare. Non parlo solo del bombardamento della centrale nucleare di Zaporozhye, incoraggiato dall’Occidente, che rappresenta una catastrofe nucleare, ma anche delle dichiarazioni di alcuni alti rappresentanti dei principali Paesi della NATO sulla possibilità e l’ammissibilità di usare armi di distruzione di massa – armi nucleari – contro la Russia.

A chi fa queste affermazioni sulla Russia vorrei ricordare che anche il nostro Paese possiede diversi mezzi di distruzione, alcuni dei quali sono più avanzati di quelli dei Paesi della NATO. Se l’integrità territoriale del nostro Paese è minacciata, ovviamente useremo tutti i mezzi a nostra disposizione per difendere la Russia e il nostro popolo. Non è un bluff.

I cittadini russi possono stare tranquilli: l’integrità territoriale della nostra patria, la nostra indipendenza e la nostra libertà saranno garantite, voglio sottolinearlo ancora una volta, con tutti i mezzi a nostra disposizione. E coloro che cercano di ricattarci con le armi nucleari devono sapere che i venti possono soffiare nella loro direzione.

È nella nostra tradizione storica, nel destino del nostro popolo, fermare coloro che mirano al dominio del mondo, che minacciano di smembrare e schiavizzare la nostra patria, la nostra Madrepatria. Lo faremo ora, e così sarà.

Credo nel vostro sostegno.

fonte: http://kremlin.ru/events/president/news/69390

 

 

30 ottobre 2022